Dopo le sentenze arrivate tra novembre e dicembre, di fatto la vicenda non si è ancora risolta. Da parte di Birs, firmataria dell’accordo con l’azienda di Corigliano Rossano, nessuna risposta. Ed Elda Renna, riammessa per motivazioni di genere, ha presentato un ulteriore ricorso per vedere soddisfatto il diritto a riavere il suo posto
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Il cielo si è tinto di rosa, ma nubi scure lo hanno coperto ancora una volta. La vicenda di Elda Renna, autista della Simet licenziata il 13 settembre 2022 assieme ad altri 37 colleghi dall’azienda di autotrasporti con sede a Corigliano Rossano, è ancora lontana da quella luce in fondo al tunnel che pure si era vista. Il 30 novembre scorso, infatti, erano arrivata le sentenze di reintegro sul posto di lavoro per lei e un altro collega, che si aggiungevano alle cinque già pronunciate in precedenza dal giudice. La sua, in particolare, aveva assunto un significato emblematico, imperniata su motivazioni di genere essendo lei l’unica donna con la mansione di autista nella ditta.
«Sono contenta, è una bellissima pagina scritta in Calabria sulla giustizia di genere, che spero apra le porte e dia a tante donne il coraggio di denunciare i soprusi sul lavoro, perché di schifezze in giro ce ne sono tante. Molti giudici ci stanno chiedendo la sentenza, anche dei consiglieri di parità. È bello». Così Renna commentava a caldo quella decisione che le restituiva finalmente ciò che da più di un anno le era stato tolto. Eppure da allora quella luce in fondo al tunnel è rimasta proprio lì: in fondo, un fondo che, nonostante la strada spianata, continua a essere irraggiungibile. Inutili gli appelli a Birs (Busitalia Rail Services), la società di proprietà di Ferrovie dello Stato che sul finire del 2023 ha stretto un accordo con Simet per l’affitto di un ramo d’azienda, accordo diventato effettivo proprio all’indomani della sentenza che riguarda Elda Renna, il primo dicembre, con il passaggio di 46 dipendenti.
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Un’intesa che aveva scatenato le ire dei lavoratori licenziati, rimasti tagliati fuori, che però avevano visto riaccendersi le proprie speranze alla luce della decisione del giudice. A distanza di due mesi, però, all’orizzonte non si vede alcuna novità.
Di qui la decisione per Elda Renna, in quanto «caso emblematico», come sottolinea il sindacato Faisa-Cisal che sta seguendo la vertenza, di presentare un ulteriore ricorso al giudice per vedere finalmente soddisfatto il suo diritto a tornare a guidare gli autobus alle dipendenze di Birs. «Tutto ciò si verifica nonostante le norme siano chiare e parlino di un divieto assoluto di discriminazione di genere in tema di garanzia di accesso al lavoro della componente femminile», dichiarano Francesco Bruno e Francesco Antonio Sibio, rispettivamente segretario provinciale di Cosenza e regionale della Faisa Cisal.
Il ricorso è stato già depositato in tribunale dall’avvocato Susanna Cecere, «per porre fine al rimpallo di competenza tra Birs e Simet».
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«Spetta quindi al giudice adito, ora, innervare il provvedimento ottenuto in prima istanza dalla lavoratrice con ulteriori elementi di valutazione e decisionali che impongano il rispetto delle prescrizioni normative sulla riammissione in servizio di Elda, sin qui non operata dalle due società, specie perché ancorata alla giurisprudenza sulla parità di genere – sottolineano i due sindacalisti –. Il dato che emerge, non senza suscitare rammarico, è di un ingiustificabile rifiuto di porre fine ad una vertenza che, ab origine, si sarebbe potuta evitare».
La battaglia, dunque, torna nelle aule del tribunale. A meno dell’arrivo di una decisione da parte di Birs che eviti l’ulteriore prorogarsi di una vicenda già abbastanza lunga e dolorosa per chi la sta vivendo. «Le ragioni per le quali Elda deve tornare a lavorare sono più che fondate; trascurarle non aiuta a pregiare l'immagine di Birs e genera un clima di sfiducia ed un terreno di confronto sterile», dichiarano ancora Bruno e Sibio.
Che rinnovano l’appello a «ricomporre la vertenza, preferendo il dialogo alle aule di tribunale, evidenziando ulteriormente come il caso di Elda sia di particolare rilevanza e valore, anche simbolico, trattando di una donna che ha superato gli ostacoli derivanti dai tabù e dai preconcetti che di certo non risparmiamo il mondo del lavoro».
«Ove la vertenza non trovasse sbocco in un bonario componimento – concludono –, si incastonerebbe un nuovo tassello al triste puzzle della discriminazione femminile, perdendo un’occasione che, invece, va sfruttata nel senso esattamente contrario: affermare convintamente la parità di genere e il pieno rispetto delle prerogative del lavoratore, al di là di ogni pregiudizio».