Confermati durante l'esame congiunto con i sindacati i termini dell'intesa firmata nei giorni scorsi al Mit che non prevede il reinserimento di coloro che erano stati lasciati a casa un anno fa. L'amarezza lascia però spazio a possibili sprazzi di luce in futuro: «L’auspicio è che l’estromissione sia “temporanea”»
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Niente da fare. Anche la più flebile speranza, per i 38 lavoratori licenziati più di un anno fa dalla Simet di Corigliano Rossano, si è dissolta ieri dopo l’annunciato incontro nella sede cosentina di Confindustria tra i vertici delle aziende coinvolte nel recente accordo – la stessa Simet e la Birs di proprietà di Ferrovie dello Stato – e i sindacati.
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Delusione per la Faisa Cisal, che fin dall’inizio si è occupata della vicenda e che già aveva espresso nei giorni scorsi le sue rimostranze verso rappresentanti politici e istituzionali che avevano fatto intravedere una luce in fondo al tunnel, salvo poi venir fuori che l’intesa appena firmata al Mit taglia fuori coloro che erano stati lasciati a casa e speravano nella salvezza grazie a quello che era stato annunciato come un provvedimento che avrebbe tutelato tutti i posti di lavoro. In realtà, si è capito dopo, in ballo c’erano solo quelli ancora attivi.
Ieri mattina, dunque, l’esame congiunto dell’operazione che vede l’affitto per sei mesi – rinnovabili per altri sei – del ramo d’azienda di Simet da parte di Busitalia Rail Services (Birs) con il salvataggio di 46 dipendenti. «È stata per noi l’occasione di avere chiariti aspetti che ci risultavano non del tutto definiti ed essere notiziati su altri, importanti dettagli dell’accordo – affermano i segretari della Faisa Cisal provinciale di Cosenza e regionale, Francesco Bruno e Francesco Antonio Sibio –. Ciò che abbiamo potuto apprezzare è stata l’onestà con la quale i due rappresentanti della Birs hanno illustrato il percorso intrapreso dalle due realtà societarie, unitamente al fatto che non si sono sottratti dal fornire risposte ai nostri interrogativi».
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Una trasparenza che, però, non elimina «l’amarezza – aggiungono – che da rappresentanti dei lavoratori abbiamo provato nel vedere estromessi da questa operazione commerciale i lavoratori licenziati dalla Simet, con la procedura collettiva, nel settembre 2022».
Tuttavia, i sindacalisti rimangono aggrappati a un’ultima fiammella di speranza. «L’auspicio è che l’estromissione sia “temporanea”, relativa alla sola prima fase», dicono.
Contestato, nel corso dell’incontro, anche l’iter dell’intesa. «Abbiamo chiaramente rappresentato ai nostri interlocutori il disappunto rispetto al metodo osservato nel percorso che ha poi portato all’accordo – dichiarano Bruno e Sibio –, durante il quale il sindacato, in maniera del tutto ingiustificata, è stato lasciato fuori dalla porta. Ci siamo quindi premurati di segnalare come i rappresentanti dei lavoratori non possono essere sostanzialmente “imbrigliati” nella fase evolutiva di procedure di una tale importanza, salvo poi interessarli all’atto dell’esame congiunto, che peraltro è previsto dalla legge, che si traduce per il sindacato in una mera “ratifica” di scelte già operate da terze parti».
«Il confronto, franco e leale – continuano –, produce solo e sempre risultati positivi. Non averlo assicurato nei termini che il caso suggeriva è stato, a nostro avviso, un grave errore. Ed al tavolo abbiamo difatti annunciato che non accetteremo più confronti “postumi” e privi di un senso compiuto che dia valore al ruolo sindacale, che è poi quello di dare voce ai lavoratori».
L’impegno al fianco dei lavoratori licenziati, adesso, continua. In sospeso ci sono anche le sentenze di reintegro, già emesse dal giudice del lavoro per cinque di loro e che lasciano ben sperare per tutti gli altri. «L’incontro – evidenziano i due sindacalisti – ci ha consentito di rinnovare ai lavoratori destinatari del licenziamento Simet la nostra vicinanza, confermando l’impegno della Faisa Cisal a monitorare gli sviluppi dell’intesa Simet-Birs, che auspichiamo produca per loro nuove opportunità di impiego».
«Il ruolo che ci compete, che fa (o dovrebbe fare) un po’ il paio con quello della politica – concludono – ci spinge a chiedere a quest’ultima, tanto a livello regionale quanto nazionale, di annotare nell’agenda del governo la ricollocazione dei lavoratori rimasti indietro. Tutti dobbiamo fare nostra l’idea di traguardare questo obiettivo, per senso di responsabilità e per rendere apprezzabile un impegno, verso chi reclama tutele, che non sarà altrimenti tale ma risulterà una mera, perenne ed inutile (se non anche strumentale) propaganda di parte».