Sono iniziati anche in Calabria i saldi invernali che proseguiranno fino al mese di marzo. 4 calabresi su 10, per un budget medio di circa 160 euro a persona, sono dunque pronti per la corsa all’acquisto articoli convenienti e come ogni anno saranno  soprattutto abbigliamento, scarpe e accessori  i prodotti più ricercati. Secondo i dati di Confcommercio con i saldi invernali si registra una percentuale di consumatori superiore di 8 punti rispetto a quella dell’ultimo Black Friday. E l’invito della confederazione delle imprese è quello di effettuare acquisti sostenibili. 

«È importante fare gli acquisti direttamente al negozio sotto casa, al negozio di vicinato - sottolinea Pietro Falbo, presidente Confcommercio Calabria centrale Catanzaro -. Questo perché c’è un problema di sostenibilità ambientale». E se da una parte l’avvio degli sconti è un momento che i commercianti attendono fiduciosi, dall’altra c’è chi è convinto che bisognerebbe posticiparli. «Partiamo dal presupposto che è sbagliato far partire i saldi così presto – afferma la titolare di una boutique di  Catanzaro -. Bisognerebbe farli partire un po' più tardi essendo questo il periodo dei primi freddi ed essendo quindi il momento giusto per vendere maglieria, capispalla e così via. Ma il commercio sta andando diversamente e di conseguenza ci adattiamo».

Web digital tax

Sta di fatto che il periodo degli sconti, tanto atteso dai consumatori, è anche quello in cui  si sta sempre più attenti alle promozioni poco vantaggiose. E sull’acquisto online vince quello in negozio e quindi il contatto diretto con gli operatori commerciali. A tal proposito «Come Confcommercio abbiamo chiesto al Governo l’introduzione di una web digital tax che venga estesa anche ai Paesi dell’Unione Europea – spiega Falbo –. Tutte le società che si occupano di commercio online non pagano le tasse in Italia pur lucrando sugli affari degli italiani.

È molto semplice per uno stato utilizzare il commerciante sotto casa come bancomat fiscale. Mentre le grosse società del web non pagano le tasse o pagano poco nei cosiddetti paradisi fiscali. Una valutazione approssimativa, ma probabilmente verosimile,  vede la contribuzione delle aziende online per circa 80 milioni di euro in Italia quando una valutazione empirica su quello che dovrebbe essere la loro imposizione fiscale è di 90 miliardi. Quasi il 10% della spesa pubblica italiana».