L’aumento dei prezzi, dalle materie prime all’energia, sta mettendo a dura prova sia le famiglie che le imprese. Dopo un lungo periodo di chiusure e ristrettezze causa Covid, le aziende vibonesi, in particolare le più piccole, invece di ripartire hanno dovuto affrontare un’ondata imprevista di rincari. Ne abbiamo parlato con Nancy Ramondino, presidente provinciale Fenimprese e vice presidente della Camera di commercio Italia-Ucraina: «Con non poca difficoltà – fa presente la rappresentante dell’associazione di categoria – sono nati tanti piccoli imprenditori. Oggi si trovano a dover fare i conti con la crescita dei costi delle materie prime, delle utenze, delle tasse e chiaramente c’è preoccupazione. Molte realtà sono a rischio fallimento».

I rincari non riguardano solo il prezzo delle farine, dell’olio di semi, o del carburante ma anche i processi di trasformazione delle materie prime ovvero i «costi per la lavorazione». Tutto ciò, specie per le realtà imprenditoriali più piccole, incide anche nell’erogazione di microcredito: «Se non c’è capacità economica e di restituzione difficilmente si riescono ad ottenere fondi. In epoca Covid c’è stata qualche forma di supporto, adesso nulla più», rimarca Ramondino.

Le ditte edili in difficoltà

La referente Fenimprese apre poi un altro tema, ovvero il momento critico attraversato dagli imprenditori edili alle prese con il Superbonus 110% e non solo per l’aumento dei costi dei materiali acutizzato con lo scoppio del conflitto in Ucraina, le speculazioni e la difficoltà a reperire le merci: «Le aziende avevano acquisito respiro, avevano iniziato a creare movimento e anche ad assumere manovalanza. Così molti imprenditori avevano anticipato somme di denaro anche molto alte. Ebbene, da mesi non vedono un centesimo perché le banche tardano ad erogare. Così più di una ditta rischia il tracollo». Il quadro è a tinte fosche: «Hanno un cassetto fiscale colmo ma praticamente equivale al nulla. Gli operai senza salario non lavorano mentre i fornitori chiedono sempre con più insistenza di essere saldati. Insomma la gestione dello Stato non è ottimale».

Il settore turistico e le prospettive economiche per Vibo

Con l’arrivo dell’estate, la Calabria punta a riaprire le porte ai turisti: «La popolarità della nostra regione sta aumentando, è un fatto positivo. Tuttavia vengono accolti soprattutto villeggianti italiani che non hanno grandi capacità di spendere a confronto degli stranieri. Sicuramente risentiremo della guerra, della carenza di un certo target di turisti».

Le direttive d’intervento sono chiare: «C’è bisogno dello Stato, della Regione Calabria. Il turista deve visitare la nostra terra e poi avere voglia di tornarci. In primis servono servizi adeguati. Poi per le imprese sostegni per i costi delle utenze, meno tasse, tagli all’Iva», fa presente Ramondino. Le prospettive economiche per Vibo non sono rosee: «È una città che sta morendo dal punto di vista delle attività commerciali, in più fatica ad attrarre investimenti. Per un under 40 difficile mandare avanti una “giovane” attività. Tant’è che, per alcuni settori, a volte ho anche sconsigliato di rimanere su Vibo ma di proporre quella medesima attività in un contesto diverso, anche Lamezia».  

Il lavoro a Vibo

Parlando di lavoro, la presidente Fenimprese non ha dubbi: «Non è vero che a Vibo manca lavoro. Il lavoro c’è e nell’ultimo periodo vengono ricercati muratori, operai. Bisogna però fare i conti con tre fattori. Il primo riguarda le aspettative di alcuni candidati. Spesso non hanno le giuste competenze o esperienza ma nonostante questo attendono alte retribuzioni. Poi ci sono alcune imprese che vogliono sottopagare. E infine c’è il reddito di cittadinanza: se mi viene offerto quanto ottengo con il reddito di cittadinanza senza lavorare perché dovrei accettare? Così tanti ragazzi si ritrovano a non fare nulla, tanto sono sicuri di arrivare a fine mese. Ma questo prima o poi finirà».