E’ stato utilizzato fino agli inizi degli anni '90 come opedale civile cittadino. Da allora lo stabile su tre piani, per un totale di circa 6 mila metri quadrati sito in via Acri, all'entrata di Catanzaro, versa in una condizione di degrado e abbandono con infissi cadenti e intonaci pericolanti rappresentando un pericolo per la sicurezza personale e ambientale. Per questo il gruppo giovani Ance, associazione costruttori edili di Catanzaro, aderendo alla campagna nazionale #bloccadegrado, ha deciso di scendere in strada e chiedere il recupero del fabbricato. «Vorremmo che chi di competenza ne prendesse atto e incominciasse a progettare, a creare qualcosa affinchè  si possa restituire a questo edificio ai cittadini» ha affermato Carlo Barberio, presidente gruppo giovani Ance Catanzaro. «Non è una manifestazione contro le istituzioni - ha spiegato Francesco Balsamo, direttore Ance Catanzaro -. Vogliamo cercare di smuovere le acque in modo tale che ciascuno per le proprie competenze possa fare qualcosa per portare avanti ciò che di bello c’è le nostra città».

Quale futuro per l'immobile?

Il complesso, in merito al quale c’è anche stata un’interpellanza parlamentare, è una evoluzione del convento di sant’Agostino ed è annesso al patrimonio immobiliare dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro che, con il segretariato regionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per la Calabria ha avviato una procedura per la verifica dell’interesse storico culturale. «La settimana scorsa insieme a una delegazione della sovrintendenza abbiamo fatto un sopralluogo nell’immobile e ora dovrebbe tirar fuori il parere - fa sapere Carlo Nisticò, direttore dell'ufficio tecnico patrimoniale Asp Catanzaro -. Dopo aver presentato una relazione dettagliata, la domanda che abbiamo posto è quella di dirci per favore se quest’immobile è da demolire in toto, se è da recuperare e quale parte deve essere recuperata. In modo tale che l’Azienda possa fare un progetto mirato altrimenti rischiamo di fare una cosa che poi non collima con quelle che sono le opportunità che la legge prevede per questo tipo di strutture. L’immobile - ha aggiunto Nisticò - ha una valenza storica ope legis, siccome è un fabbricato più vecchio di cinquanta anni rientra tra quelli che hanno una certa tutela. Sorgendo su un vecchio convento, le tracce storiche ce l’ha. Ora bisogna vedere se mantiene questo interesse culturale o meno».

Destinazione d'uso sanitaria

L’Azienda ha inoltre reso noto nella relazione indirizzata al Mibac di non poter gestire l'immobile secondo una destinazione diversa da quella sanitaria «Poiché alla fine del 1800 - ha spiegato Nisticò - quando è stato donato dagli allora proprietari per il pubblico utilizzo, nell’atto di donazione è stato inserito il vincolo della destinazione d’uso sanitaria. Io, in qualità di responsabile patrimonio azienda sanitaria, ogni volta che ho redatto il piano degli investimenti dell’azienda sanitaria, e quindi ogni anno, ho sempre inserito una somma da destinare al recupero dell’immobile che puntualmente non è stata mai erogata. Questo per sottolineare che l’azienda sanitaria è disponibile a qualsiasi soluzione, sensibile com’è alla necessità di porre finalmente fine a questo degrado».