Il precariato? Cosa passata. Le stabilizzazioni? Cosa fatta. I dubbi dei sindaci “ribelli” e di qualche giornale? Strumentalizzazioni dei soliti disfattisti. Era questo l’approccio della Regione Calabria e di alcuni politici del Pd prima del 4 marzo scorso, giorno dello tsunami politico che ha spazzato via le illusioni del centrosinistra. Sino a quel momento e per tutta la campagna elettorale che aveva preceduto il verdetto delle urne, era stato assicurato con la mano sul cuore che gli “ex” Lsu e Lpu (circa 5mila in Calabria) erano ormai avviati in un processo irreversibile di stabilizzazione lavorativa, che avrebbe presto portato al loro ingresso con tutti i crismi nella pianta organica degli Enti dove lavorano, alcuni anche da vent’anni.

 

Pressati dalla politica in fibrillazione elettoralistica e dai sindacati, molti Comuni si sono fidati e hanno sottoscritto i contratti a tempo determinato, esponendosi al rischio di cause di risarcimento da parte dei lavoratori che hanno maturato almeno tre anni di rapporti a termine senza essere stabilizzati, come prevede esplicitamente la riforma Madia proprio con l’obiettivo di inibire il ricorso al precariato. Soltanto un pugno di Amministrazioni comunali ha resistito, pretendendo e ottenendo che i lavoratori in questione continuassero a essere considerati formalmente Lsu e Lpu, quindi percettori del relativo “sussidio”, senza vincoli contrattuali con l’Ente di appartenenza.

 

Un contesto tutt’altro che univoco, dunque, nel quale non sorprende la richiesta che il presidente della Regione Mario Oliverio e l’assessore al Lavoro Angela Robbe hanno inviato ai ministri Di Maio (Lavoro), Buongiorno (Pubblica amministrazione) e Stefani (per gli Affari regionali), al fine di prevedere «un provvedimento urgente da inserire in Finanziaria per l’attribuzione di risorse aggiuntive a quelle ripartite nella convenzione siglata con il Ministero del Lavoro, al fine di garantire la continuità del percorso di stabilizzazione dei lavoratori Lsu e Lpu della Calabria».
Singolare che già nella nota della Regione, dinnanzi ai due acronimi di Lavoratori socialmente utili e Lavoratori di pubblica utilità, sia sparita la locuzione “ex” che fino a poco tempo fa veniva ostentata in ogni documento pubblico a sottolineare che i lavoratori in questione erano ormai da considerarsi fuori dal bacino dei precari storici. Questione di lana caprina, forse, ma comunque un segnale che la confusione è ancora tanta.

 

Eppure, per rimarcare l’impegno della Regione in questo settore, Oliverio rivendica quanto fatto sinora.
«Fin dall'inizio della nostra esperienza di governo - afferma il governatore - abbiamo assunto provvedimenti concreti per la contrattualizzazione dei 4.554 Lsu-Lpu che in Calabria svolgono un lavoro necessario a garantire servizi fondamentali dei Comuni e per le Pubbliche amministrazioni. Al fondo di 50 milioni di euro che, a partire dal 2015, è stato costituito nelle leggi finanziarie dello Stato, abbiamo aggiunto 37.979.178,16 milioni di risorse proprie della Regione per garantire l’occupazione dei lavoratori da assumere nel piano di stabilizzazione. Abbiamo chiesto al Governo Conte di garantire la copertura e le risorse finanziarie nella stima minima di 50 milioni, come avvenuto negli anni 2015/2018, per garantire il lavoro e completare il percorso di stabilizzazione». Impegni, quelli assunti dalla Cittadella, che secondo Oliverio hanno addirittura «anticipato i contenuti del Decreto dignità».

 

Insomma, al momento i soldi per un nuovo giro non ci sono. O, per meglio dire, non ci sono tutti.
Dei 50 milioni di euro richiesti per consentire un altro anno di contratti in scadenza a dicembre, 21 milioni sono già stati assegnati alla Calabria attraverso il riparto del Fondo sociale occupazione, ma - ovviamente - non bastano. Da qui la richiesta accorata di Oliverio e Robbe per nuovi fondi, che formulano ricordando a Palazzo Chigi come «negli anni precedenti il Parlamento, su proposta dei Governi che si sono succeduti, ha deliberato in tal senso».
Non proprio un entusiasmante incentivo per una maggioranza politica che ad ogni occasione promette di spazzare via ogni traccia di quel passato.