VIDEO | Si lavora tra terra e mare per completare un progetto finanziato con il Pnrr. Il presidente Agostinelli: «Realizzazione del sogno di dotare lo scalo di un bacino di carenaggio sempre più vicino»
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Centoventuno pali, dal diametro di 35 metri per un peso di 35 tonnellate ciascuno, conficcati tra terra e mare per la costruzione di nuova banchina nel porto di Gioia Tauro. Numeri di una ingegneria idraulica dalla portata storica, quelli che stanno trattando le maestranze del consorzio Fincosit, per realizzare – nella parte di ponente dello scalo, quella opposta al terminal container – un’opera lunga 380 metri a cui agganciare il bacino di carenaggio per la manutenzione delle navi.
«Si tratta di un intervento che per oltre 16milioni di euro finanziamo con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza – spiega Andrea Agostinelli, presidente dell’autorità portuale di sistema – con l’obiettivo triplice: completare il banchinamento del porto, dotarlo di quel polo di manutenzione navale atteso da anni e diversificare ulteriormente le attività di uno scalo che può essere di solo transhipment».
Il bacino di carenaggio, installato una volta terminati i lavori di costruzione della banchina – la cui ultimazione salvo imprevisti è prevista tra 18 mesi – sarà grande 360 metri e, secondo le stime, potrebbe dare lavoro ad oltre 100 operai.
La nuova banchina accresce le dotazioni di una parte sottoutilizzata del porto, che peraltro ha un nome ancora anonimo – banchina di ponente viene chiamata – che serve a radicare ancora di più l’interesse ad investire del colosso Msc, che gestisce il terminal tornato prima in Italia per trasbordo di container.
Dopo la recente inaugurazione del servizio ferroviario, conclude Agostinelli: «Con il bacino di carenaggio potenziamo l’attrattività di uno scalo che, avendo alle spalle il retroporto più grande d’Italia, ed approfittando dei pochi spazi verso cui gli altri porti possono espandersi, può effettivamente giocarsi altre sfide per lavorare le merci».