Mct intende avviare una nuova procedura di licenziamento collettivo per i lavoratori. La ferale notizia, peraltro nell’aria già da un pezzo, è giunta nella giornata odierna, a seguito dell’incontro dell’azienda terminalista con i sindacati per l’informativa sulle previsioni ed i programmi aziendali, ristrutturazione, riorganizzazione e andamento dell’occupazione.

E sono dati davvero pessimi quelli che giungono dal terminalista, se è vero che per l’anno 2018 si appalesa una riduzione di volumi e navi lavorate di circa il 12% rispetto all’anno precedente. Ciò significa, in soldoni, che Mct non è nelle condizioni di poter sostenere il reintegro dei lavoratori in precedenza licenziati, così come stabilito dal giudice del lavoro del Tribunale di Palmi con sentenze che l’azienda terminalista ha già impugnato, sperando di ridurre al minimo l’impatto economico dovuto ai reintegri.


Una situazione che vede i sindacati già sul piede di guerra. Uilt e Sul, ad esempio, hanno già fatto sapere di aver rigettato totalmente una prospettiva simile dove, a pagare per scelte sbagliate del management aziendale, saranno ancora una volta i lavoratori.


Insomma, si preannuncia una primavera particolarmente calda in quello che fino a qualche tempo addietro era il porto più importante del Mediterraneo, ed oggi nettamente svuotato di quel ruolo strategico che era riuscito a ritagliarsi.


Sarà fondamentale, a questo punto, capire quali saranno le reali intenzioni di Mct. Se cioè l’azienda intenderà effettuare gli investimenti necessari per rimettere Gioia Tauro in carreggiata con i maggiori porti del Mediterraneo, oppure se si dovrà assistere ad un’agonia che appare assai più veloce di ciò che si poteva ipotizzare in un primo tempo. E l’autorità portuale? Cosa farà? Prenderà in mano la situazione, magari procedendo nella direzione paventata qualche tempo fa, aprendo la strada a possibili soluzioni differenti da Mct, oppure tenterà altre strade? La verità è che lo scontro in atto fra i due azionisti di riferimento dell’azienda terminalista sta staccando la spina quasi completamente a Gioia Tauro, togliendo non soltanto investimento, ma anche la possibilità di intercettare nuovi traffici.


Pensare di poter puntare soltanto sulla movimentazione delle auto appare arduo. Lo scalo calabrese ha necessità di interventi molto più profondi che possano, per un verso, dare nuovo ossigeno al settore del transhipment, ma dall’altro anche iniziare a disegnare orizzonti diversi. Qualcosa che dovrà avvenire in tempi strettissimi, altrimenti il paziente sarà in come irreversibile e senza più possibilità di guarigione. Il primo passo sarebbe quello di scongiurare nuovi licenziamenti di massa, creando le condizioni per una ripresa dei traffici. Sarebbe la pietra miliare su cui costruire il resto di quello che appare sempre più come un miracolo.