Gli animi erano piuttosto agitati, ma alla fine non si sono registrati momenti di tensione e anche quando sono arrivati i titolari della società Sa.Te.Ca Spa, è bastato che gli operai chiedessero di non restituire le chiavi del parco termale ricadente nell'area di due Comuni, Guardia Piemontese e Acquappesa, per scongiurare la drammatica fine di 70 anni di storia del Tirreno cosentino, almeno per il momento. E' questo, in sintesi, ciò che è avvenuto questa mattina davanti alla sede della delegazione municipale del Comune di Guardia Piemontese, dove si è tenuta una riunione tra i sindaci Vincenzo Rocchetti e Giorgio Maritato, e i rappresentanti dei lavoratori della Terme Luigiane, 250 in tutto, licenziati lo scorso 31 dicembre alla scadenza della proroga della concessione gestionale fino a quel momento conferita alla società privata della famiglia Ferrari.

L'incontro di oggi pomeriggio alla Regione Calabria

La stampa non ha potuto presenziare al dibattito e i sindaci, a riunione conclusa, non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. I motivi sono da rintracciarsi in un comprensibile nervosismo, dal momento che le sorti del parco termale e di centinaia di famiglie saranno decise oggi pomeriggio, durante una riunione fissata per le 15:30. Il convegno si terrà nelle aule della Cittadella regionale a Catanzaro e sarà presieduto dal consigliere regionale Giuseppe Aieta, delegato dal presidente Mario Oliverio, quest'ultimo impossibilitato dalla magistratura a lasciare San Giovanni in Fiore dallo scorso 17 dicembre. Secondo quanto trapelato, i primi cittadini arriveranno in Regione con una proposta allettante, il cui contenuto non è stato però divulgato.

I motivi della chiusura

Nel 2015 i beni naturali sono stati affidati dallo Stato all'ente regionale e pertanto una legge imponeva il passaggio delle concessioni delle aree delle acque termali da perpetue a temporanee, concedendo una proroga di due anni per mettersi in regola. In questo arco di tempo i Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese avrebbero dovuto presentare un progetto per il rilancio del parco mediante un un piano che dimostrasse l'effettivo sviluppo economico con un basso impatto ambientale e garantisse l'esistenza dei fondi di investimento. Il progetto è stato valutato carente in alcuni parti e pertanto è necessitato una integrazione. Ma dalla Regione non è poi arrivata nessuna risposta e così il tempo è trascorso inesorabile fino alla fine della proroga. Ora, oltre ai cavilli burocratici, si dovrà tenere conto anche delle volontà della società Sa.Te.Ca. Sp, che di stare in balìa della Regione Calabria pare non ne abbia più voglia.