Sono stati equiparati ai beni di prima necessità al pari di generi alimentari, prodotti per l'infanzia e farmaci. Ma oggi vivono la drammatica condizione di essere aperrti ma senza clienti. Sono i negozi di abbigliamento per bambini che a Castrovillari come in altri comuni del territorio vivono la solitudine di giorni senza nessun incasso, perchè la gente non esce e non ha voglia di fare spese.

«Una cosa è l'abbigliamento per bambini, un'altra sono le pappine e i pannolini che, rientrano nei beni di prima necessità» spiega Domenico Cicione, commerciante del settore. «Dopo l'estate i nostri negozi, anche con l'apertura delle scuole e qualche festicciola, avevano ripreso le vendite. Ora con la Calabria in zona Rossa e quindi il divieto ad uscire, se non per cose urgenti, siamo messi con le spalle al muro. Con i fornitori da far fronte, i fitti e le tasse stesse che abbiamo dovuto pagare ugualmente».

Le incognite sul futuro ed il rischio chiusura

Dopo il primo lock-down era arrivata una timida ripresa con l'estate che ha portato turisti in tutta la Calabria. Adesso il protrarsi e il rinvigorirsi della pandemia Covid-19, il restringimento delle misure di distanziamento sociale e «gli effetti dei messaggi di alcuni mass media sulla psicologia della gente, stanno mettendo in ginocchio le nostre attività, al pari dei negozi di abbigliamento per adulti che, se pur in difficoltà, avranno accesso ai previsti ristori».

 

L'incognita riguarda anche il prossimo periodo natalizio verso il quale non si sa se guardare come ritorno alla normalità. Una situazione che «deriva - aggiunge Cicione - da una assoluta inadeguatezza nel voler associare le nostre attività di commercio di abbigliamento per bambini al commercio di alimenti, farmaci e prodotti di prima necessità. L'abbigliamento per neonati è solo una parte percentuale relativa, delle nostre attività che, non giustifica assolutamente la comunanza ai codici ateco dei generi di prima necessità». Molti «rischiano la chiusura definitiva» e cresce la «preoccupazione sulla capacità della nostra tenuta economica». Per questo si invoca l'adeguamento del codice ateco dei piccoli commercianti di abbigliamento per bambini al Dpcm emanto dal governo per il decreto ristori.