Anche Flavia Amato, come tanti giovani calabresi, all’età di 18 lascia la nostra regione per studiare e poi lavorare al nord Italia, nelle Marche. Lì si perfeziona, diventa  una modellista d’abbigliamento, specializzata in sartoria. Ma ben presto si rende conto che la sua idea di fashion è diversa, lontana da quel sistema che ha un notevole impatto ambientale in termini di inquinamento e non solo. La 29enne di Guardavalle, piccolo paesino in provincia di Catanzaro, decide allora di coniugare la sua grande passione per la moda con uno stile di vita etico e sostenibile. Ed ecco che torna in Calabria, apre il suo atelier e nel 2014 lancia Malìa, una linea di abbigliamento biologico, che a differenza del classico procedimento creativo, nasce dai tessuti, da quello che la natura suggerisce. «Quando ho iniziato a fare le mie ricerche sui tessuti antichi mi sono resa conto che la Calabria ha una storia tessile incredibile. Tutti noi, soprattutto al sud, ci ricordiamo una zia, una nonna che lavorava al telaio. E quindi mi sono chiesta: ma tutto quello che abbiamo, perché lo dobbiamo perdere? E così la mia scelta è stata quasi naturale. Mi faccio ispirare sia dai filati più antichi e tradizionali come la canapa, il lino, la seta, il cotone, sia da quelli più innovativi come il bambù, la fibra di latte, la fibra di mais, il lenpur. Una volta scelto il mio tessuto, la mia guida, mi affido al tessitore che crea il tessuto al telaio. Poi arriva qui in atelier e il vestito viene prima pensato, disegnato da me e poi tagliato con la forbice da sarto, come si faceva una volta, e infine confezionato».

Uno stile che "ammalia"

I suoi abiti realizzati con tessuti naturali e allo stesso tempo innovativi nascono dunque nel rispetto dell’ambiente e delle persone. «Ad esempio la fibra di latte nasce dallo scarto della caseina del latte che addirittura dicono sia anche salutare per alcuni aminoacidi che rimangono all’interno del filato». Flavia è fiera della scelta che ha fatto e il suo obiettivo è quello di portare, attraverso i suoi capi, la Calabria in tutto il mondo, anche per questo la scelta di identificarsi nel termine antico “Malìa”, che richiama il verbo ammaliare. «Anche Dante nella Divina Commedia parlava della “malìa di uno sguardo” proprio per indicare qualcosa che incanta, che affascina. Io volevo un nome breve che fosse anche orecchiabile all’estero. Il mio motto è infatti “lasciatevi ammaliare” da questo modo nuovo di fare moda».

I sogni di Flavia

La giovane stilista condivide il suo percorso con il fidanzato Paride, marchigiano, che si occupa della parte digitale, e dal suo atelier spera di poter presto realizzare i suoi due sogni nel cassetto: recuperare l’antico processo di lavorazione della ginestra al telaio e farlo conoscere agli studenti delle scuole calabresi e poter collaborare con le carceri per il reinserimento socio lavorativo dei detenuti. Perché scegliere di rimanere in Calabria, per lei significa contribuire alla crescita del territorio e dei suoi valori. «Sono andata via a 18 anni, ho pensato che qui non c’erano opportunità niente per me. Però poi sono tornata con un bagaglio sia culturale che professionale per dare qualcosa alla mia terra anche perché se non ci pensiamo noi giovani a salvarla, chi ci pensa?».