«La società calabrese ha le aliquote di tassazione tra le più alte del Paese e una qualità di vita e di  assistenza sanitaria tra le più basse. Questa situazione mette i cittadini calabresi nella condizione di non poter usufruire del diritto alla salute garantito dalla Costituzione». Lo riporta una nota del segretario nazionale Fsi  Sarah Yacoubi.

                                 

«Dal 2007 al 2018 in conseguenza del blocco del turn-over – aggiunge - sono stati  parecchie centinaia di posti di lavoro perse  e altrettante centinaia di posti letto sono stati soppressi, e conseguentemente è aumentata la spesa per prestazioni sanitarie effettuate fuori regione (circa 60 mila l’anno). La riduzione del numero degli addetti nella sanità pubblica e dei licenziamenti nella sanità privata (nonostante le norme sull’accreditamento) ha aggravato le condizioni di lavoro e peggiorato la qualità del servizio sanitario. Sui risparmi e sul piano di rientro per l’anno 2018 la Fsi ha evidenziato che la Regione Calabria ha sinora operato scelte scellerate prive di ogni fondamento logico».

 

La sanità calabrese è allo stremo «imbarca debiti (111 milioni di euro di disavanzo), che il precedente commissariamento non ha portato risultati, che la soglia dei livelli essenziali di assistenza è meno che minima, che i servizi territoriali sono indeboliti, che la migrazione sanitaria pesa sulle casse regionali per oltre 300 milioni di euro». Ma in Calabria la situazione nel complesso è estremamente critica: «Un paziente su sei emigra verso le strutture del centro nord per cure e ricoveri. Le cause principali del fenomeno (che si traduce in forti disagi per i malati e squilibri economico-finanziari per tutto il Sistema sanitario) vanno ricercate nella limitata dotazione di posti letto nella regione ma soprattutto nell'insufficiente qualità clinico-gestionale. O in tutte e due le cose insieme, tanto che si rendono necessari interventi sia tecnici sia politici». 

 

«Proprio oggi ed ancora una volta assistiamo a un nuovo scontro  tra la politica nazionale e quella regionale che continua a rivendicare il diritto di nome Na dei direttori generali. Sarebbe ora di affidare la sanità calabrese secondo i criteri di competenza e non di appartenenza politica. E’ giunto il momento che la politica faccia un passo indietro, altrimenti la condizione rischia di peggiorare, se peggiorare ancora si può , con tutto ciò che ne consegue per i cittadini utenti. Nominare i direttori  generali delle Aziende sanitarie calabresi - conclude il segretario Fsi - deve essere una scelta condivisa e in collaborazione con i nuovi vertici commissariali».