Le prospettive dei prossimi decenni per la Calabria non sembrano proprio infondere fiducia ed ottimismo, in campo economico. Lo si deduce dalla disamina del prof Francesco Aiello, ordinario di Politica economica all’Unical ed oggi ospite di Pier Paolo Cambareri nell’approfondimento “Dentro la notizia” andato in onda alle 13 su LaC Tv (qui per rivedere la puntata).
Il format di LaC ha analizzato la commistione tra spopolamento e conseguenze economiche, su larga scala – alimentate anche dalle ipotesi protezionistiche paventate dal presidente degli Stati Uniti d’America che vuole introdurre i dazi – ma anche dal punto di vista calabrese.

In Italia 850mila abitanti in meno in cinque anni

«Negli ultimi cinque anni l’Italia sta invecchiando velocemente – dice subito –. Dal 2019 al 2024 il fenomeno dello spopolamento si sta storicizzando soprattutto nelle regioni meridionali. I dati Istat ci restituiscono un quadro analitico sullo spopolamento per singola fascia d’età che è sbalorditivo per dimensione: il nostro Paese ha perso 850mila residenti, tra meno nati e più emigrati».

«La Calabria ha perso una città come Cosenza o cinque comuni da 15mila abitanti»

Il saldo negativo calabrese, per il prof. Aiello è impressionante e per rendere chiara l’idea utilizza una metafora.
«In Calabria – spiega – il dato sullo spopolamento nei cinque anni è stato calcolato in 75mila persone in meno. È come se sparisse una città come Cosenza, o come se cinque comuni da 15mila abitanti, in un lustro, si trovassero dall’essere popolati a trasformarsi in un deserto di sole case e strade».

Gli effetti collaterali dello spopolamento sulla crisi economica

Tutto questo, commisurato anche alle latitudini calabresi, potrebbe assumere connotati ed effetti catastrofici a lungo termine perché «spopolamento significa meno nati adesso, meno forza lavoro tra vent’anni».
Significativo, per l’ordinario di Politica economica, è il dato relativo alla fascia d’età e per la precisione quella ampia compresa tra zero e 54 anni che «colpisce i bambini e le persone in età lavorativa. L’effetto sarà nefasto sulle prospettive di crescita della regione: meno nati oggi, meno forza lavoro domani. Il caso calabrese si distingue proprio perché rispetto ad altre regioni, lo spopolamento colpisce la fase più dinamica, quella produttiva di un sistema economico comunque a bassa produttività».

«In Calabria mancano le precondizioni per crescere»

Ovvero un sistema che «grava su settori stagnanti quali l’agricoltura, il turismo, i servizi e la pubblica amministrazione. E nei casi di ripresa la nostra economia non riesce ad agganciare i trend di crescita, quali il manufatturiero ed i servizi avanzati che potrebbero trasformare l’economia calabrese spostando l’asse su settori più dinamici che garantiscono capacità occupazionali e produttive durature nel tempo».
Ma per ambire ad innalzare i livelli di crescita, fungendo da attrattore per gli investitori, soprattutto esteri, la Calabria risulta – sempre secondo Francesco Aiello – carente sotto il profilo delle precondizioni.
«Dovremmo attrarre investimenti esteri perché è questo che impedisce alla nostra regione di competere. Ma per far ciò mancano le precondizioni alla delocalizzazione come le infrastrutture di base, il funzionamento della pubblica amministrazione, la certezza del diritto, la sicurezza ambientale. L’unica strada da percorrere per un’economia piccola come la nostra e allargare la visione, garantire quelle premesse all’industrializzazione di tipo manufatturiero e sostenibile dal punto di vista ambientale come la transizione energetica».

La calabria invecchia e le politiche di Trump non aiutano

In un parterre del genere, i dazi che Donad Trump vorrebbe imporre, potrebbero ulteriormente aggravare la situazione generale.
«Gli annunci protezionistici del presidente degli Stati uniti – spiega ancora Aiello – non sono di natura economica, ma di sicurezza. Negli ultimi dieci anni la globalizzazione ha impattato sulla riorganizzazione delle multinazionali. Eventi estremi come guerre, pandemie, terremoti, hanno limitato le capacità di approvvigionamento delle multinazionali che stanno intervenendo nel “portare vicino casa” il semilavorato. Il fenomeno prescinde dalle logiche di Trump, che però potrebbe accentuarlo applicando i dazi. Il presidente americano è certo che la politica protezionistica di un grande Paese come gli States coi dazi potrebbe determinare incrementi di benessere con una distribuzione di benefici tra classi sociali diverse: i produttori ci guadagnano, i consumatori ci perdono e lo Stato incassa con le imposte sull’import. Sia la Cina che l’Ue, però, potrebbero adottare le stesse misure come risposta alle politiche Usa, ma questo non farebbe altro che alimentare una sorta di guerra commerciale, che però non è una novità».
Insomma, un ritorno al protezionismo, per il prof. Aiello, «peggiorerebbe l’economia mondiale».
E per quell’«1% del Pil calabrese» prodotto dall’esportazione dei nostri prodotti renderebbe ulteriormente stagnante l’economia nostrana.