Che numeri hanno l’Italia e le sue regioni nell’economia mondiale del vino? Nella terza puntata di approfondimento sull’economia vitivinicola, nazionale e internazionale, utilizzando i dati pubblicati dalla XIV edizione dell’Annuario statistico del Corriere Vinicolo, in partnership con l’Osservatorio del Vino Uiv (Unione Italiana Vini) e in collaborazione con l’Ais (Associazione Italiana Sommelier), ci occuperemo prevalentemente del Belpaese in cui l’arte di Bacco ha origini antichissime (Enotri, Etruschi, colonie fondate dai Greci, Romani…). Il potenziale produttivo di uve si misura in ettari: per l’Italia sono stati 678.059 quelli dichiarati nel 2022, con un aumento di 271 rispetto al 2021. Dal 2000, quando gli ettari vitati erano 792.440, se ne sono persi oltre centodiecimila (114.381). Nella Ue la superficie vitata è essenzialmente rimasta costante dal 2001 (3,27 milioni di ettari) al 2022 che ne ha contati 3,20. Punte superiori ai 3,40 milioni si sono avute solo tra il 2007 e il 2009. La nazione europea che può contare sulla superficie più consistente dedicata alla produzione di uve da vino è la Spagna (29,3% del totale Ue nel 2022), a seguire la Francia (25,4%) e l’Italia (21,1). Nettamente distanziati Portogallo (6,0%), Romania (6,5%), Germania (3,3%). Queste differenze non hanno impedito al Belpaese, così come abbiamo visto nella prima puntata, di risultare il primo produttore al mondo con 49,84 milioni di ettolitri.

Tra le regioni italiane la guida della graduatoria del potenziale produttivo valutato in superfici vitate, sempre relativa al 2022, è spettata al Veneto (101.166 ettari, seguito da Sicilia (98.753), Puglia (98.753), Toscana (60.531), Emilia Romagna (53.236), Piemonte (47.126), Abruzzo (34.111), Friuli Venezia Giulia (29.353), Sardegna (27.109), Campania (24.508), Lombardia (23.340). La Calabria ha dichiarato 10.810 ettari di vigneto atto alla produzione di uve da vino, pari all’1,60% del totale nazionale. La regione meno vitata d’Italia è la piccola Valle d’Aosta (478 ettari) che precede la stretta Liguria (1.626). Tutto il Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria) conta 170.114 ettari, pari al 25,09% del dato complessivo. Negli ultimi venti anni il Veneto è passato da circa 70mila ettari vitati a oltre centomila, mentre la Sicilia ne ha persi circa 50mila.

Nel 2022 l’Italia intera ha prodotto 49.842.611 ettolitri di vino di tutte le tipologie (Dop, Igp, Comuni). Leggero calo rispetto al 2021, quando si superarono i 50 mln di ettolitri (50.231.566). Una punta massima produttiva si ebbe nel 2018, con oltre 54,78 milioni di ettolitri. Scomponendo i volumi del 2022 si ottiene: Dop (23.880.728), Igp (11.771.584), Comuni che sarebbero i cosiddetti vini da tavola (13.658.162), Varietali (532.136), anch’essi generici per i quali è possibile indicare il vitigno in etichetta ma non il territorio di provenienza. I vini a Denominazione di origine protetta hanno rappresentato, quindi, il 47,91% del totale; 23,62% gli Igp. Negli ultimi quindici anni, a partire dal 2008, la quantità di vini Dop generata è cresciuta di continuo e si è quasi raddoppiata, mentre è progressivamente calata, con ritmo altalenante, quella dei vini da tavola.

In testa alla classifica per regioni si è solidamente confermato, nel 2022, il Veneto, con 12.601.714 ettolitri, pari al 25,28% del totale e un consistente aumento sul 2021 del 7%. Se il Veneto fosse uno Stato autonomo sarebbe stato il sesto al mondo nella graduatoria per nazioni, alle spalle di Francia (44,35 milioni di ettolitri), Spagna (40,47 mln), Italia seppur privata appunto dei 12,60 mln del Veneto (37,24 mln), Stati Uniti (28,50 mln), Australia (13,07 mln). E quindi sopra il Cile (12,26 mln), l’immensa Argentina (11,45 mln), il Sudafrica (8.65 mln), la Germania (8,55 mln) e il Portogallo (6,46 mln).

Come da diversi anni a questa parte, al secondo posto tra le regioni si è attestata la Puglia (10,13 mln di ettolitri). A seguire l’Emila Romagna (7,21 mln), la Sicilia (3,51 mln e un crollo del 23% rispetto al 2021), Abruzzo (3,08 mln), Piemonte (2,73 mln), Toscana (2,34 mln), Friuli Venezia Giulia (2,20 mln). Al Sud dopo le “regine” Puglia e Sicilia, e le ottime performance dell’Abruzzo, Campania e Sardegna sono quasi alla pari con rispettivamente 53,56 e 53,33 mln. Il dato del Trentino Alto Adige viene fornito separato tra le due Province autonome: Trento (oltre 912mila ettolitri), Bolzano (oltre 375mila). La Calabria con 130.077 ettolitri (un aumento notevole dell’11% sul 2021), il massimo degli ultimi cinque anni, tra le regioni è collocata in posizione 17ma, superando solo Basilicata (97.277), Liguria (40.355), Valle d’Aosta (18.383). La Calabria, pertanto, nel 2022 ha garantito appena lo 0,26% del volume complessivo nazionale di vino. Veneto, Puglia ed Emilia Romagna hanno rappresentato, assieme, oltre il 60% del vino prodotto in Italia.

Guardiamo ora ai dati sulle diverse tipologie. Sulle Dop si nota subito una forte differenza fra le due regioni più forti. Mentre il Veneto su 12,60 milioni di ettolitri complessivi ha dato vita a 10,08 milioni di ettolitri di vini Dop (80,01% della propria produzione complessiva) e 1,92 mln di Igp, in Puglia sono stati privilegiati i vini generici (6,35 mln di ettolitri di vino comune; 81mila di varietale) e gli Igp (3,09 mln), a fronte di soli 609mila ettolitri di Dop. Due prospettive di mercato diverse. Relativamente ai vini a Denominazione di origine protetta (i vecchi Doc e Docg), il solo Veneto ha significato il 42,22% della proposta nazionale. Il Piemonte con 2,36 mln di ettolitri di Dop ha raggiunto la quota dell’86,38% sul totale regionale prodotto. La Provincia autonoma di Bolzano ha portato questa significativa proporzione addirittura al 93,08%. L’Emilia Romagna, come la Puglia, nel 2022 ha privilegiato i vini generici rispetto ai Dop: 3,31 mln rispetto a 1,63 di denominazione di origine protetta, accanto a una buona presenza di Igp (2,27 mln). Stesso fenomeno in Sicilia anche se molto più spostato verso una preferenza per le Dop: 856mila ettolitri di generici, 1,22 mln di Igp, 1,44 mln di Dop. Le regioni italiane che producono più Igp che Dop sono, in ordine decrescente: Puglia, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Calabria, Molise. Le regioni che invece hanno la leadership per le quantità assolute (e quindi non percentuali sul totale) di vini generici sono, sempre in ordine decrescente: Puglia, Emilia Romagna, Abruzzo, Sicilia, Veneto, Piemonte, Marche, Lazio. Per i vini Igp, in quantità assolute e non pertanto nel senso di quote percentuali sul valore complessivo produttivo regionale, svetta la Puglia, seguita da Emilia Romagna, Veneto, Sicilia, Toscana, Abruzzo, Lombardia.

La Calabria con i suoi 130.077 ettolitri nel 2022 ha suddiviso con queste proporzioni la propria produzione vinicola: 16.927 ettolitri di generici (13,01% del totale regionale), 58.865 di Igp (45,25%), 54.285 di Dop (41,73%). Sul piano nazionale, invece, la Calabria che ha significato nel 2022 lo 0,26% del volume generale di vini espressi dall’Italia, ha garantito lo 0,23% dei Dop e lo 0,50% degli Igp. Il potenziale massimo di bottiglie Dop da 0,75 litri con 54.285 ettolitri Dop, cioè poco più di 4 milioni e 500mila litri, è pari a 7 milioni e 238mila unità. Ma non è così, perché nell’annata non tutto il vino Dop viene imbottigliato e quindi occorre tener presenti le quote di giacenze che sono notificate ad Agea. Al 31 luglio 2023, ha precisato il Corriere Vinicolo, l’Italia poteva contare su 22,67 milioni di ettolitri di giacenze globali alla produzione di vini Dop. Ecco la graduatoria completa delle regioni italiane per percentuale di vini Dop sul totale prodotto dall’Italia: Veneto (42,22%), Piemonte (9,87%), Friuli Venezia Giulia (7,23%), Emilia Romagna (6,81%), Toscana (6,70%), Sicilia (6,03%), Abruzzo (4,48%), Provincia autonoma di Trento (3,23%), Lombardia (2,63%), Puglia (2,55%), Marche (1,73%), Sardegna (1,64%), Provincia autonoma di Bolzano (1,46%), Campania (1,06%), Lazio (0,98%), Umbria (0,69%), Calabria (0,23%), Basilicata (0,16%), Liguria (0,13%), Molise (0,08%), Valle d’Aosta (0,07%).

La congiuntura internazionale attuale, rispetto allo scenario 2022 studiato dal “Corriere Vinicolo” nel suo ultimo Speciale, è di molto peggiorata, in quanto alla tragedia della guerra tra Ucraina e Russia si è aggiunta quella altrettanto distruttiva di Gaza, con complicazioni gravissime nel Canale di Suez e in tutta l’area del Medioriente (Iran, Libano, Pakistan, Siria, oltre che Israele e Palestina…) che stanno danneggiando in modo consistente i commerci da e per l’Europa meridionale e il bacino del Mediterraneo. Nella prima puntata ci siamo soffermati sui numeri nazionali e internazionali del vino, tra produzione e consumi, ricordando come nel 2022 l’Italia sia risultato il primo produttore al mondo con 49,84 milioni di ettolitri, seguita da Francia (44,35 mln) e Spagna (28,50 mln). Questi tre Paesi che si affacciano sul Mediterraneo (Francia e Spagna hanno anche una sponda atlantica) sono i leader incontrastati nell’economia di Bacco, tallonati, anche se ancora a notevole distanza, da Stati Uniti, Australia, Cile, Argentina, Sudafrica, Germania e Portogallo. Relativamente ai consumi abbiamo già scritto che fatta base 100, il 75% è dato dai vini fermi e il 10% da spumanti e Champagne. Negli utili venti anni, dal 2003, è stata forte la crescita dei consumi di bollicine, vini rosati e bianchi, mentre è rimasta stabile, anche se ancora prevalente, quella dei rossi. La seconda puntata, invece, ha focalizzato l’attenzione sull’import ed export mondiale. Gli Usa si confermano i maggiori importatori di spumanti e vini imbottigliati, seguiti dal Regno Unito. Per i vini sfusi la testa della classificata è occupata dalla Germania. Per l’export di spumanti in testa l’Italia, seguita da Francia e Spagna. Ancora al primo posto il Belpaese per quanto concerne l’export di vini imbottigliati, tallonata ancora una volta da Francia e Spagna. L’export di vino sfuso, invece, nel 2022 ha consegnato la medaglia d’oro alla Spagna, con alle spalle Australia e Italia.

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