VIDEO | Da Seminara fino all'Aspromonte, viaggio nelle aziende agricole che puntano sull'extravergine di alta qualità. La storia di un gruppo di imprenditrici che hanno riconvertito le loro colture e attraverso un lavoro maniacale sono riuscite a imporsi sui mercati
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C’è una rivoluzione in atto nelle campagne della piana di Gioia Tauro. Una rivoluzione che ha il colore verde intenso dell’olio extravergine e che è animata dalla passione e dalla competenza delle donne. Negli ultimi 10 anni, nell’olivicoltura di questo territorio tutto è cambiato: le reti sui terreni e l’olio lampante sono stati sostituiti da macchine scuotitrici ed extravergini di altissima qualità. E in questo processo alcune imprenditrici sono state pioniere e artefici nel rilancio del nome della Calabria sui mercati nazionali e internazionali. Un processo, però, che è stato lungo e tortuoso.
«Siamo a Seminara sui terreni della nostra azienda – racconta Consuelo Garzo, titolare insieme alle sue sorelle dell’omonima azienda – Abbiamo deciso nel 2007 di produrre extravergine di alta qualità ed è stato un percorso non facile che è passato attraverso un una grande innovazione che ci ha portato all’alta qualità. Chi opera in questo territorio parte da una posizione svantaggiata perché l’attività tradizionale era legata a una olivicoltura di bassa qualità. La sfida è stata decidere di produrre meno quantità e più qualità».
Ci accompagna nel nostro viaggio uno dei massimi esperti mondiali di olivicoltura e processi produttivi legati all’extravergine. Antonio Lauro da dirigente dell’Arsac ha spinto moltissime aziende verso la riconversione e l’alta qualità. «La vecchia olivicoltura – spiega Lauro - fatta di ulivi giganteschi e di raccolta delle olive per terra, che purtroppo è ancora molto praticata nella nostra zona, non è più conveniente. Siamo in un’area che produceva olio lampante e adesso abbiamo 20-30 aziende ed etichette che garantiscono la qualità».
Ci sposiamo da Seminara a Castellace di Oppido Mamertina, dove opera un’altra imprenditrice che ha puntato non solo sull’alta qualità, ma anche sul biologico. «Circa 15 anni fa ho iniziato a occuparmi di olio – dice Armelle Greco – e il passaggio al biologico è stato quasi naturale perché mi sembrava una scelta doverosa. Spesso mi interrogo se ne valga la pena: è una scelta complicata per costi e manodopera che sono proibitivi, ma poi mi dico che faccio qualcosa di bello e di qualità per i miei clienti».
A Cosoleto, vive e lavora la signora dell’Aspromonte, Rita Licastro, guardiana di un territorio aspro, bellissimo e complesso. E soprattutto produttrice di un ottimo extravergine. «Da una decina di anni abbiamo creato un brand – racconta – il “Santa Tecla” con una produzione di alta qualità. Abbiamo mantenuto le nostre colture tradizionali di “sinopolese” e ottobratica”, ma abbiamo anche dei giovani impianti di “leccino” e “nocellara del Belice”».
Il nostro viaggio non poteva non concludersi in un frantoio. Siamo tornati a Seminara per assistere a uno dei processi più importanti: quello della frangitura, al quale Consuelo Garzo lavora in modo maniacale. «Per produrre olio di altissima qualità – spiega – la precondizione è l’integrità del frutto, ma poi è fondamentale una corretta trasformazione».