«Noi abbiamo perfezionato la partnership con il gruppo Ferrero nel 2019. Riguarda nuovi noccioleti in Calabria, dal Pollino passando per il Reventino, in Sila fino ad arrivare anche su Vibo Valentia. Abbiamo circa 100 ettari già impiantati per un contratto di sviluppo di 500 ettari». Ha sposato il progetto della Ferrero Nocciola Italia già da tempo ormai la rete di impresa Calabria in guscio, nata nel 2019, che punta sui nuovi impianti di noccioleti idonei alla produzione dolciaria innestati su terreni incolti e abbandonati. Secondo le previsioni nel 2024 saranno 500 i quintali di nocciole destinate al gruppo Ferrero.

Un'opportunità da cogliere

«Si tratta di nuovi impianti con delle varietà segnalateci e prescritte dalla Ferrero – spiega il referente della rete, Mario Caligiuri -, che hanno una resa maggiore per ettaro, sono varietà tonde del Sud Italia, che vanno bene per i loro prodotti tra cui il Ferrero Rocher. Noi in Calabria abbiamo un potenziale di circa 5mila ettari e in questo momento di incertezza anche economica, avere una partnership del genere che ci garantisce un prezzo minimo, tra l'altro indicizzato in base anche all'inflazione, è qualcosa di molto interessante, è una sfida, una grande opportunità da cogliere perchè abbiamo una rendita garantita che si aggira intorno ai 5mila euro di guadagno per ettaro, oltre le spese. Con il progetto “Nocciola Italia”, che riguarda anche altre regioni italiane, la Ferrero mira all'espansione e all'implementazione di circa 20mila ettari di nuovi noccioleti su tutto il Paese. Noi insieme all'associazione Cia, dei coltivatori italiani, abbiamo inteso portare avanti questo percorso e dare un'opportunità ai nostri colleghi».

In merito poi al rifiuto nelle scorse settimane del Consorzio catanzarese Valorizzazione e tutela nocciola di Calabria alla Ferrero, Caligiuri risponde così: «A me non risulta che Ferrero abbia mai chiesto loro la fornitura di nocciole anche perchè i colleghi producono una varietà autoctona che è la tonda calabrese che non va bene per la loro industria dolciaria, pertanto mi sembra una cosa molto strana».