VIDEO | All'Unical, per presentare il suo libro, il numero uno dell'Istituto nazionale di previdenza, ha parlato anche di questione meridionale e integrazione lavorativa dei migranti
Tutti gli articoli di Economia e lavoro
«Chi lavora avrà una pensione perché il sistema contributivo funziona benissimo. E però chi oggi non lavora, domani avrà il problema di garantirsi un sostentamento adeguato. Per questo, l’attenzione della politica dovrebbe concentrarsi non tanto sulle pensioni ma sul garantire oggi una continuità occupazionale e salariale. E quindi anche contributiva».
La riflessione, apparentemente scontata di Pasquale Tridico, apre in realtà vasti e complessi scenari nei quali gli elementi del sistema produttivo si intrecciano con il declino demografico e con i fenomeni migratori, generando una miscela di fattori con conseguenze a breve, medio e lungo termine sulla tenuta del sistema previdenziale del Paese.
La solidità del patto generazionale
Nel libro "Il lavoro di oggi, la pensione di domani", scritto a quattro mani con Enrico Marro edito da Solferino, il presidente nazionale dell’Inps prova a dare delle risposte ai tanti interrogativi sulla solidità del patto generazionale, messo in pericolo dalle distorsioni derivanti dall’alto tasso di disoccupazione, soprattutto prendendo in esame le regioni del Mezzogiorno dove, ha detto Pasquale Tridico nella presentazione del volume ospitata nell’Aula Caldora dell’Università della Calabria, «sussiste ancora una questione meridionale determinata pure dalla disoccupazione femminile e dall’incapacità di assorbimento, nel mercato del lavoro, del capitale umano che pure si forma negli atenei del Sud ed è costretto a cercare altrove, al nord o all’estero, una collocazione stabile e soddisfacente».
Evasione da Paese in via di sviluppo
C’è poi anche chi ha il lavoro, ma a nero o sottopagato, e quindi con una contribuzione scarsa o addirittura nulla: «Questa è una grave piaga per l’Italia. Una piaga non da Paese del G7, ma da Paese in via di sviluppo. È inaccettabile avere in tutta la penisola tre milioni e duecentomila lavoratori in nero e 100 miliardi di evasione. Certo, i dati sono in leggero calo, segnale che sul piano dei controlli qualcosa è stata attivata. E però le statistiche ci restituiscono ancora delle cifre da terzo mondo».
Coordinata dal giornalista Marco Innocente Furina e introdotta dal saluto di Massimo Costabile, direttore del dipartimento universitario di economia, statistica e finanza, l’iniziativa ha registrato anche la partecipazione del governatore Roberto Occhiuto, che ha annunciato la previsione di una percentuale riservata ai precari della Regione nei concorsi banditi dall’amministrazione di Germaneto, «tenendo fede – ha sostenuto Occhiuto – all’impegno assunto di asciugare i bacini di tirocinanti ed altre figure destinatarie di sussidi, alimentati in passato da scelte politiche forse orientate più ad intercettare un consenso che a seguire un percorso di giustizia sociale. La Regione ha disincagliato numerose procedure concorsuali anche con l’obiettivo di offrire ai calabresi l’opportunità di rimanere a lavorare nella loro terra».
L'integrazione lavorativa dei migranti
Sono inoltre intervenuti, tra gli altri, il presidente di Unindustria Calabria Aldo Ferrara, il segretario regionale della Cgil Angelo Sposato, la docente di economia industriale Francesco Aiello e Valeria Pupo. Da segnalare la presenza in sala del prefetto Vittoria Ciaramella e dell’eurodeputata Laura Ferrara. «In proiezione oggi non sappiamo cosa succederà a partire dal 2050, quando gli occupati potrebbero essere meno dei destinatari di pensione - ha detto Francesco Aiello, docente di politica economica - Bisogna allora reagire oggi, con gli opportuni correttivi, incoraggiando la natalità per contrastare l'allungamento dell'età della vita. Ma anche riformando il sistema di contribuzione oppure sostenendo le prestazioni complementari». Aiello ha parlato anche della integrazione lavorativa dei migranti «i cui tassi di regolarizzazione sono più bassi rispetto al resto d'Europa».