«Lo dico da marzo del 2022, lo abbiamo detto a luglio al governatore Occhiuto quando è venuto in Calabria il presidente di Confindustria Bonomi e lo ripeto adesso: siamo ad un passo dal baratro, non ce la facciamo più». L'ennesimo allarme contro il caro bollette arriva dal presidente di Confindustria Vibo Valentia, Rocco Colacchio, che alle prese con i continui aumenti dei costi di energia e gas non vede soluzioni davanti a se.

La tensione sul tema del caro consumi e delle bollette pazze alle imprese è uno dei temi caldi di questa campagna elettorale: in un territorio fragile come la Calabria, con difficoltà di accesso al credito e poca liquidità, ancor di più. Le aziende provano a resistere, ottimizzano i turni di produzione, ma la cinghia continua a stringersi e non ci sono più margini.

Caro bollette, lo sfogo di Colacchio: «Perdo 3mila euro al giorno»

In questi giorni sono tante le storie di imprenditori che hanno difficoltà con il caro bollette e nonostante i consigli per risparmiare, le bollette in arrivo sono comunque pesantissime per ogni impresa: lo sa bene Rocco Colacchio, che racconta l'esperienza della sua Colacchio Food. «Sono mesi che lanciamo allarmi, proclami, ma nessuno ci sta a sentire – afferma il presidente di Confindustria Vibo Valentia – e siamo arrivati al punto in cui la situazione non è più sostenibile. Io perdo qualcosa come tremila euro al giorno, non si può andare avanti così».

Sul banco degli imputati, l'aumento incontrollato del costo del metano: «Il metano una volta costava circa venti centesimi a metro cubo, adesso è intorno ai 3euro, ma come si fa? Noi consumiamo 600 metri cubi al giorno, i nostri forni lavorano e hanno giustamente alti consumi, noi facciamo panificati. Il settore degli alimentari è quello più colpito: noi non possiamo aumentare i prezzi del 50 o 60 per cento, sarebbe folle, chi li comprerebbe più? Quindi noi stiamo facendo debiti per continuare a stare sul mercato, ma non so fino a quanto potremo resistere».

Caro bollette, l'allarme: «Rischiamo di fermare la produzione»

Il problema, infatti, colpisce molto di più le imprese energivore, alimentari in primis: «Le altre industrie, chi si occupa di carta, mattoni può gestire meglio gli aumenti, i magazzini, ma noi? I nostri prezzi non possono crescere più di tanto, come fai ad aumentare pane e biscotti? La gente deve pagare già bollette da 400 o 500 euro, non si possono aumentare così tanto i prezzi. La GDO inoltre non ci aiuta, pensa a se ed ai suoi mercati, clienti, ha le sue dinamiche, noi produttori invece dobbiamo fare di tutto per continuare a stare sul mercato: noi stiamo perdendo soldi per mantenere quote di mercato, perdiamo 50mila euro al mese. Gli aumenti delle verdure sono incontrollati, ma se vengono coltivate in serra e l'energia elettrica costa così tanto, come se ne esce? Le dirò di più, noi rischiamo di dover fermare la produzione: a marzo siamo stati fermi tre settimane, poi i prezzi si sono calmierati e abbiamo riaperto, ma adesso siamo al punto di rottura. Ad agosto siamo stati fermi dieci giorni per le ferie, adesso non so come faremo: stiamo lavorando al giorno, senza fare magazzino».

Bollette cinque volte più care, da 4 a 21 mila euro

Anche Colacchio fa il paragone tra le vecchie bollette e le nuove, per far capire in maniera immediata quanto sia grave la situazione: «Guardi, gli aumenti sono enormi e sotto gli occhi di tutti. Lo scorso anno, ho pagato per quasi novemila metri cubi di gas circa 4mila euro. Adesso, per ottomila metri cubi, quindi mille in meno, ho pagato 21 mila euro: capisce la differenza? E dovrò ancora ricevere quelle di agosto e settembre. E la politica cosa fa? Al posto di fare un consiglio dei ministri urgente, fanno una riunione al nove di settembre. Un'azienda come la mia fino a quella data avrà perso altri 30 mila euro. Serve uno scostamento di bilancio, subito, di 30 miliardi, non ci sono alternative. Altrimenti che succede, io perdo 3mila euro al giorno e tu mi dai 200 euro, io cosa ci faccio? Nulla».

Bollette, il fotovoltaico non basta: serve calmierare i prezzi

«Purtroppo – spiega Colacchio – la situazione è tragica. Io ho già un impianto fotovoltaico importante, che mi permette di risparmiare sull'energia elettrica, stiamo ragionando sul farne un altro ma sul metano non abbiamo alternative. Noi abbiamo un grande consumo di gas: potremmo rifare l'impianto e passare a Gpl, ma l'investimento è pesantissimo e dovremmo comunque stare fermi per un periodo da sei a nove mesi tra autorizzazioni e lavori. Avessi la certezza che la situazione resta questa lo farei pure, ma navighiamo a vista, come fai a fare un investimento così? È impossibile, è impossibile...».

Dalla voce di Colacchio traspare tutta l'amarezza per quello che sta succedendo:«Ne ho parlato con il presidente nazionale Bonomi. Noi siamo Confindustria, non siamo il sindacato che fa scioperi, ma pare che qui non ci siano alternative: il problema è che se noi scioperiamo, i nostri dipendenti cosa mangiano? Che facciamo, chiudiamo? Ad ottobre molte aziende saranno costrette a chiudere, e rischiamo la paralisi sociale. Ci blocchiamo tutti, facciamo calare il prezzo, ma poi bisogna vedere chi avrà la forza di riaprire. Io ho una soluzione: i prezzi vanno calmierati. Negli anni '80 il prezzo del pane non poteva salire, era un bene di prima necessità: adesso anche il metano lo è diventato, troviamo un prezzo fisso e fermiamolo. Il massimo prezzo sostenibile è di 80 centesimi, oltre imprese e cittadini non possono andare, il sistema collassa: si fissi questo prezzo a livello nazionale