Quaranta o cinquanta giorni al massimo, poi l'Italia potrebbe soffrire le conseguenze di una seria contrazione delle forniture di grano a causa dell conflitto russo-ucraino. Dall'Ucraina in guerra e dalla vicina Romania, il paese importa rilevanti quantitativi della materia prima da cui si ricava la farina. A lanciare l'allarme è Antonio Tassone, da pochi giorni presidente dell'Assipan, l'associazione di Confcommercio che rappresenta circa la metà dei 24mila panificatori italiani.

Quarant'anni, catanzarese, Tassone appartiene a una famiglia che produce pane da tre generazioni. Insieme con la sorella gestisce i 5 punti vendita sparsi sul territorio di Catanzaro per la vendita al dettaglio a cui si aggiunge la fornitura alle principali catene della grande distribuzione presenti in città. «Finora - dice all'Agi - non abbiamo rilevato problemi di approvvigionamento, ma c'è la percezione di una certa cautela, di un atteggiamento guardingo da parte dei fornitori nel consegnare la farina, probabilmente dovuto al timore di un calo delle importazioni di grano. Siamo comunque in allarme - spiega Tassone - perché entro 40-50 giorni, se le cose non cambieranno, si potrebbe registrare una seria contrazione dei quantitativi disponibibili. Dall'Ucraina e dalla Romania l'Italia importa, infatti, il 30% del suo fabbisogno. I mulini non possono aumentare la produzione di farina perché le importazioni del grano da altri paesi come la Francia e il Nord America non sopperiscono alla quota mancante».

Stettamente collegato alla minore disponibilità di grano sui mercati è l'aumento dei prezzi che si ripercuote su tutta la filiera. «Il costo del grano è aumentato, perché naturalmente i paesi fornitori fanno leva sulla minore disponibilità di prodotto. Fino a 12 mesi fa - continua il presidente dell'Assipan - il grano costava 280 euro a tonnellata, oggi siamo a quasi il doppio. Conseguentemente è cresciuto del 45% il prezzo della farina. Si tratta di costi spaventosi - fa rilevare -  per la filiera».

Conseguenziale è anche l'aumento dei prezzi del prodotto finale, il pane: «I panificatori - sostiene Tassone - sentono il peso del ruolo sociale che svolgono, essendo il pane un elemento primario nella dieta mediterranea. Stiamo ritardano gli aumenti, tutto avviene con grande senso di responsabilità, sappiamo che l'inflazione morde. Ci sono stati aumenti necessari ma sofferti. Nessuno vuole speculare nella consapevolezza di aiutare il Paese in questo momento difficile, ma obiettivamente i costi di produzione sono cresciuti».

La guerra in Ucraina ha fatto emergere la fragilità dell'Italia e la sua esposizione agli eventi inernazionali a causa della dipendenza dall'estero. Le istituzioni corrono ai ripari, dal Governo, che ha  dato una spinta all'aumento della produzione alle Regioni. La Calabria, per esempio, ha dato direttive all'Arsac, il suo ente di sviluppo agricolo, affinché sui suoi terreni sia incrementata la produzione del grano, ma gli effetti saranno a lungo termine. «Noi  - dice Tassone - sognamo un paese autosufficiente. L'Italia lo era nei primi anni del Dopoguerra e deve ritornare ad esserlo. Anche l'aumento dei prezzi dell'energia e del carburante, quindi dei costi del trasporto, ha inciso sui prezzi».

Ma c'è un altro aspetto che, a giudizio di Tassone, è sottovalutato: la siccità. «Il raccolto - sottolinea - quest'anno non sarà eccellente, si prospetta un ulteriore aumento del costo del grano e siamo molto preoccupati per questo. Nessuno è contento. Poi - osserva - c'è il costo di altre materie prime. Il prezzo dell'acciaio è cresciuto del 300% e nell'estate scorsa abbiamo rilevato un aumento del 130% delle materie plastiche per cui sopportiamo anche l'aggravio del costo di buste e imballaggi. Poi, lo confesso, un briciolo di sospetto di qualche speculazione sui mercati c'è. A Chicago, su 10 quintali di movimentazione fisica del grano, c'è il costo di 100 quintali di scambi virtuali legati alla speculazione sui Futures. Il Governo italiano - fa rilevare Tassone - ha dato il via libera all'incremento della produzione. La risposta deve venire dal mondo agricolo, ma gli effetti non saranno immediati. In questa situazione non individuo colpe e responsabilità. I panificatori - aggiunge - vanno supportati. C'è preoccupazione, ma non c'è il capro espiatorio».

Nel settore c'è comunque la consapevolezza che occorre una svolta. La stessa età del neo presidente della principale associzione di categoria. «Sono - sostiene Tassone - il presidente più giovane nella storia dell'associazione. È stato un segnale di grande fiducia nei miei confronti da parte dell'Assipan. Bisogna considerare il panificatore come un imprenditore a tutti gli effetti. Garantisco che i problemi sono molti, nessuno vuole arricchirsi speculando in questo momento. C'è difficoltà anche a reperire la manodopera. È per questo - conclude - che vorremmo riportare i giovani a svolgere quello che è un mestiere, ma anche un'arte».