Dopo un recente pronunciamento della Corte dei conti, la Cittadella rischia il default. Una situazione che fa passare in secondo piano la sorte del Consorzio. Guccione: «La magistratura indaghi su sprechi e clientele»
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C’è un motivo semplice e drammaticamente serio del perché, nell’ultima riunione delle Commissioni regionali, sul Corap si è registrato ancora una volta un nulla di fatto: la Regione non ha i soldi. Dopo la parificazione del bilancio 2018 da parte della Corte dei Conti, che ha dato l’ok a patto che venga rimpinguato il fondo dei crediti di non certa esigibilità, la Regione non sa più a che santo votarsi. Per evitare il default deve raschiare il fondo del barile e mettere tutto quello che riesce a racimolare lì dove hanno indicato i giudici contabili. E non è detto che basti.
Intanto, gravato da 90 milioni di debiti, crediti non esigibili per 50 milioni e una perdita strutturale di circa 3,5 milioni di euro l'anno, il Corap è ormai gambe all’aria. In 100 rischiano il posto di lavoro e i creditori del consorzio temono di restare con un pugno di mosche in mano. Senza contare il completo fallimento di quella che dovrebbe essere la mission aziendale, favorire lo sviluppo industriale in Calabria. Come se non bastasse, c’è un immenso patrimonio in immobili e infrastrutture che rischia di essere svenduto per pagare i debiti, depauperando così i territori dove sono presenti le diverse strutture, compresi i depuratori.
Situazione che minaccia da vicino anche le ambizioni elettorali del governatore e dei consiglieri regionali uscenti, che si ritrovano tra i piedi una mina potenzialmente distruttiva, in considerazione anche delle indagini in corso che sarebbero state avviate dalla Procura in merito agli sprechi e alle clientele che hanno contraddistinto la breve vita del Consorzio, nato nel 2016.
Insomma, una grana di proporzioni storiche, che la politica preelettorale avrebbe tutto l’interesse a disinnescare, ma, a quanto pare, non ha i soldi per farlo. È anche l’opinione del consigliere regionale del Pd Carlo Guccione, tra i più attivi sulla vertenza Corap e tra i più strenui oppositori del governatore, sebbene ne condivida la matrice politica.
«La Regione Calabria - afferma Guccione - in quanto socio quasi unico del Corap avrebbe dovuto far fronte alla massa debitoria con proprie risorse. Ma questo abbiamo avuto ormai modo di apprendere che non è possibile, anche alla luce di quanto sentenziato dalla Corte dei Conti. Infatti, la Regione Calabria dovrà far fronte a una manovra di Bilancio “restrittiva” a causa della mancata riscossione nei confronti dei Comuni dei canoni dell’acqua e dei rifiuti. E ancora non sappiamo - visto che non è stata fissata la data delle elezioni - se la Regione Calabria sarà in grado di approvare il Bilancio entro il 31 dicembre 2019. Se verrà approvato, sarà caratterizzato da provvedimenti “lacrime e sangue” al fine di far quadrare i conti».
A tenere alta la tensione non sono soltanto gli aspetti contabili, ma anche quelli giudiziari, a causa «dell’utilizzo di risorse pubbliche in spregio a ogni regola finalizzato a soddisfare amici e clientele».
«Non solo la magistratura dovrà fare chiarezza - continua Guccione - ma anche la politica dovrà spiegare in maniera trasparente quello che è accaduto, chi sono i responsabili e come sono stati dilapidati decine di milioni di euro. Oggi non possono essere i dipendenti a pagarne le conseguenze e non può essere disperso, con un colpo di spugna, un patrimonio che appartiene a tutti i calabresi per coprire le responsabilità politiche del fallimento».
degirolamo@lactv.it