Al Fancy Food di New York, una delle più importanti vetrine agroalimentari americana, in uno stand faceva bella mostra di sé la 'nduja. Era però un’imitazione, un falso, del famoso insaccato tipico prodotto nello spilingese. La cosa più incredibile è che a reclamizzare il prodotto nello stand c’erano tre persone, ma non tre persone qualsiasi bensì il presidente del consorzio della ‘Nduja di Spilinga Francesco Fiamingo, il vicesindaco di Spilinga, che si definisce città della ‘nduja, Francesco Barbalace. Insieme ai due anche la food blogger Rosy Chin insignita “motu proprio” del titolo di ambasciatrice della ‘Nduja di Spilinga nel mondo. Tutto ciò per promuovere un nuovo brand che da qualche tempo produce direttamente il noto insaccato direttamente negli Stati Uniti.

Quanto basta per far saltare sulla sedia il presidente regionale di Coldiretti Calabria Franco Aceto e quello provinciale di Vibo Valentia Giuseppe Porcelli che senza mezzi termini in un comunicato parlano di vergogna. «Pensavamo - si legge in una nota a firma dei due - che il viaggio oltreoceano dei due rappresentanti era per far conoscere e pubblicizzare la 'nduja. Siamo stati costretti a ricrederci! Cosa si possono aspettare i veri produttori della ‘Nduja di Spilinga e i cittadini-consumatori se al Fancy Food di New York, i massimi esponenti istituzionali e soprattutto del Consorzio portano alla ribalta un nuovo marchio nato per produrre direttamente negli Stati Uniti, un’imitazione, un falso, del famoso insaccato tipico prodotto nello spilingese? Davvero una vergogna!».

«Una vera campagna di promozione del Fake Made in Italy - continua la nota - in contrapposizione al duro e costante lavoro che la Coldiretti, con le numerose iniziative messe in campo, non per ultima la grande mobilitazione del Brennero e la raccolta firme proprio contro il Fake Made in Italy». Nel comunicato vengono forniti anche una serie di dati per far capire l’ampiezza del problema. L’Italian Sounding” ovvero prodotti che richiamano quelli tipici italiani ma sono realizzati altrove, oggi costa alle vere aziende italiane circa 120 miliardi di euro l’anno e circa 2 miliardi in Calabria di fatturato.

«Un orrore e ribadisco, una vergogna - dichiara Porcelli - Chi dovrebbe difendere il lavoro e tutelare la produzione locale di ‘Nduja di Spilinga sfrutta lo stesso nome per produrre dall’altra parte del mondo! Davvero un controsenso, ad essere buoni! Il Presidente del Consorzio Nduja di Spilinga insieme al Vice Sindaco, dovrebbero impegnare il proprio tempo per velocizzare la promozione dell’iter IGP per la ‘Nduja di Spilinga». «Alla luce dì tutto ciò - conclude Porcelli - mi chiedo se veramente il progetto IGP procede a rilento per ostruzionismo istituzionale o forse proprio perché chi si deve spendere con tutte le forze senza dare alibi a nessuno che la ‘Nduja di Spilinga si può produrre dappertutto, rema contro sfruttando altrove il buon nome della ‘Nduja di Spilinga. E’ giunto il tempo di far chiarezza!»