«Vivono la povertà con dignità. Se le incontri per strada sorridono e non lasciano trasparire nessuna difficoltà ma come parroco, come comunità non possiamo fare finta di niente, dobbiamo aiutare». Don Felice Palamara, parroco di Pannaconi spiega così la situazione di disagio in cui versano diverse famiglie. Molti i nuclei in crisi. La pandemia ha acutizzato le difficoltà per le famiglie, la carenza di lavoro ha aggiunto ai poveri nuovi poveri. E così portare il pane a tavola diventa una impresa: «Si fa fatica ad andare avanti e cerchiamo di dare supporto, di fornire cibo e vestiario ai nuclei meno abbienti». Ma l’azione della parrocchia non si ferma qui. La Casa della carità fin dalla sua costituzione ha accolto diverse persone in difficoltà: «Oggi ospitiamo una ragazza incinta e un giovane. Sono storie di difficoltà ma anche di rinascita», aggiunge don Felice.

La piccola Betlemme

La piccola Betlemme non è altro che la casa canonica, la casa di Vincenzina donata alla parrocchia trasformate ambedue in casa della carità, che vogliono accogliere i senza nessuno, coloro che sono stati abbandonati da tutti, cioè coloro che vengono considerati gli scarti della società. Il parroco spiega: «Non è un ospizio, ma una casa di primo soccorso, una casa dove si respira un clima familiare, quell' affetto che non hanno mai avuto. Accogliamo ogni persona ed ogni persona è speciale in quanto dono di Dio. Con la sua storia, sapendo che nessuno di noi è perfetto».

Gli aiuti per le famiglie in difficoltà

«Come casa della carità accogliamo tante richieste di aiuto, anche da altri paesi. In tanti bussano alle nostre porte mentre altre situazioni di disagio restano più nascoste. Per paura, per vergogna, per il timore del giudizio degli altri. In queste ultime settimane – confessa don Felice – mi sono ritrovato dinnanzi a una situazione familiare davvero difficile. Quattro persone del luogo vivono in un contesto abitativo degradato, una casa-tugurio. Da parte loro, nessuna richiesta d’aiuto. Ma come parrocchia ci stiamo mobilitando affinché tutti possano vivere in locali dignitosi. Le risposte da parte dei cittadini non sono mancate, c’è chi aiuta donando generi alimentari, chi vestiario. Possiamo e dobbiamo fare di più. Non serve – commenta infine il parroco- inginocchiarsi di fronte al crocifisso di legno se poi c’è indifferenza dinanzi al crocifisso di carne, se poi non sappiano ascoltare il grido: ho sete, bisogno di aiuto».