Se le quattro centrali termoelettriche di Simeri Crichi, Scandale, Rizziconi ed Altomonte vengono alimentate da gas non proveniente da attività estrattive regionali, tutto il resto dell’energia elettrica prodotta in Calabria sfrutta le risorse esistenti sul territorio. È così per il vento che alimenta gli impianti eolici, per il sole che alimenta gli impianti fotovoltaici e per l’acqua che alimenta le centrali idroelettriche.

Fonti rinnovabili

Se, infatti, si esclude l’energia prodotta dalle quattro centrali termoelettriche, la Calabria potrebbe ugualmente far fronte al 76% della propria richiesta interna, energia proveniente dagli impianti idroelettrici, eolici e fotovoltaici. Il dato è contenuto nelle linee di indirizzo del Piano Regionale Integrato Energia e Clima (PRIEC) che fissando il consumo di energia elettrica in 4.819 gigawattora attesta una produzione di energia rinnovabile proveniente da queste fonti pari a 3.696 gigawattora: il 76% appunto. Un ulteriore 10%, che porta il computo finale all'86%, deriva invece dalle bioenergie (principalmente le centrali a biomassa). 

Impianti eolici

«In merito alla produzione di energia da fonti di energia rinnovabili – si legge nel documento - l’analisi dei dati evidenzia il forte impulso dovuto alla fonte eolica, che ha visto realizzare sul territorio regionale, dal 2005 al 2020, numerosi impianti di grande taglia». Al 30 giugno 2021 si conta la presenza di 424 impianti eolici, localizzati per lo più nelle province di Catanzaro e Crotone, con quasi il 70% degli impianti installati.

L'86% del fabbisogno interno

«Il quadro delle fonti energetiche rinnovabili al 2020 evidenzia, inoltre, l’apporto della produzione da bioenergie, seguita dall’idroelettrico rinnovabile e dal solare fotovoltaico. La percentuale di copertura della domanda di energia elettrica tramite produzione da fonte rinnovabile è andata crescendo negli anni – prosegue il documento - raggiungendo nel 2020 l’86%».

L'esportazione di energia

«L’analisi del contesto energetico calabrese al 2020 evidenzia un significativo aumento nel tempo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, giungendo alla copertura dell’86% della domanda di energia elettrica calabrese» si legge nelle linea guida. «Ma la produzione di energia elettrica demandata alla Calabria non soddisfa soltanto il fabbisogno interno regionale, garantendo, altresì, l’esportazione oltre regione dell’energia elettrica necessaria a coprire il fabbisogno energetico derivante dal sistema interconnesso di cui la Regione fa parte.

Purtroppo, tale fabbisogno d’oltre confine, unitamente al 24% della richiesta interna, viene soddisfatto ad opera di quattro centrali turbo gas a ciclo combinato, Altomonte, Rizziconi, Scandale, Simeri Crichi. L’energia primaria in ingresso a tali centrali è il Gnl (gas naturale liquido ndr), che non proviene dalle coltivazioni regionali». 

Impianti idroelettrici

Nel 2021 però la Regione interviene per riscrivere – almeno in parte – le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni per i grandi impianti di derivazione idroelettrica. Si tratta degli impianti che producono energia elettrica dall’acqua, la cui gestione in Calabria è nella maggior parte dei casi affidata alla società A2A.

Il canone di concessione

Ad aprile, su impulso dell’ex assessore all’Ambiente Sergio De Caprio, il Consiglio Regionale ha approvato una legge che all’articolo 25 adegua il canone di concessione. A decorrere dal 2021 – si legge nel testo normativo – la componente fissa è quantificata in un importo pari a 42 euro per ogni chilowatt di potenza nominale media annua di concessione.  In precedenza il canone era pari a 14 euro per ogni chilowatt. Il valore della manovra, derivante dalle maggiori entrate, è stato quantificato in 6 milioni di euro in più all’anno.

Interesse pubblico

Inoltre, la legge offre la possibilità – al momento della scadenza delle concessioni - di valutare «l’eventuale sussistenza di un preminente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque derivate, in tutto oppure in parte incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico. La valutazione tiene conto, in particolare, delle esigenze di approvvigionamento della risorsa idrica ad uso potabile». Insomma, la Regione si è riservata la possibilità di riappropriarsi della gestione delle acque destinandola non più e non solo alla produzione di energia elettrica ma prioritariamente ad uso potabile o irriguo.