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Torneranno a sedersi al tavolo del ministero per lo Sviluppo Economico il prossimo 25 febbraio i sindacati che seguono la vicenda Infocontact. Le organizzazioni non mollano la presa. Le evoluzioni sull’iter di acquisizione dei due rami del colosso, quello di Lamezia e quello di Rende, stanno toccando tasti inaspettati o, comunque, temuti. Dai cento lavoratori che rimarrebbero a casa, alla riduzione dell’orario di lavoro al cinquanta per cento.
Al tavolo siederanno anche le aziende acquirenti, ovvero la Abramo Custumer Care e la Comdata Eos.
Allo stato attuale, ricorda la Cgil, ci sarebbe la salvaguardia occupazionale di 1505 lavoratori su 1590. Una salvaguardia occupazionale «pagata con una pesante riduzione delle ore effettivamente lavorate, tant’è che entrambe le proposte di acquisto prevedono per il 90 per cento della forza lavoro contratti part-time al 50 cento».
Ecco allora che la Cgil rimanda al mittente i toni trionfali con cui era stata annunciata l’operazione e chiede che non siano i lavoratori a pagare « anni di scellerata gestione aziendale perpetrata dalla proprietà che ha usufruito di ingenti somme di denaro pubblico».
Intanto, l’umore dei lavoratori è devastato. La tensione è tangibile, la rabbia tanta. Da anelli fondamentali per il sostegno di un’impresa che ha ricevuto diversi attestati di stima e premi di produttività, si sentono l’ultima ruota del carro e, soprattutto, coloro che più dovranno sostenere il peso dell’entrata in crisi del meccanismo. Un meccanismo che ha goduto di milioni e milioni di euro di finanziamenti.
di Tiziana Bagnato