Il segretario generale calabrese: «Siamo una regione che dipende in maniera decisiva degli investimenti pubblici che sono stati tagliati dal governo nazionale con l'accordo del governo regionale»
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«L'assenza di politiche industriali in Calabria è lampante: gli investimenti ristagnano, aziende medio-piccole dove spesso il lavoro rimane precario e di scarsa qualità e solo piccole nicchie sono in grado di collocarsi in una dimensione nazionale o internazionale. Anche perché le politiche industriali non si affidano solo a bandi che offrono incentivi automatici e generalizzati al sistema delle imprese, senza indicatori reali sull'occupazione, che deve essere l'indice di riferimento per qualità, incremento e contratti collettivi di lavoro applicati». Lo afferma, in una nota, il segretario generale della Fiom-Cgil della Calabria, Umberto Calabrone.
«La Corte dei Conti, nella sua analisi annuale - aggiunge Calabrone - fotografa una situazione drammatica sull'utilizzo delle risorse, dichiarando in modo inequivocabile che le risorse del Pnrr in Calabria sono ferme, dichiarando di fatto il fallimento della Regione. Nulla si è speso e di conseguenza, per come dichiarato sia dallo Svimez che da Bankitalia, la Calabria è la regione che soffre, la regione che dipende in maniera decisiva degli investimenti pubblici, tagliati dal governo nazionale con l'accordo del governo regionale, fondi che se non utilizzati o spesi male incrementano il divario con altre realtà del nostro Paese, ampliando la povertà e la disoccupazione. Le aziende informatiche presenti, che vedono nelle nuove generazioni calabresi qualità e competenze, necessitano di infrastrutture digitali adeguate che devono essere messe a disposizione del territorio attraverso un sistema di appalti adeguato e sicuro, evitando spezzatini che mettono in discussione la sicurezza e i diritti previsti dai Contratti collettivi nazionali di lavoro, spesso senza prevedere la continuità occupazionale prevista nella piattaforma di rinnovo per il comparto dell'industria Metalmeccanica. Avviare la bonifica delle aree contaminate, spesso sovrapponibili a quelle industriali, deve essere una priorità insieme al loro riutilizzo per nuovi insediamenti produttivi che permetterebbero di ridurre il consumo del suolo e di avviare percorsi virtuosi ecosostenibili».
«In Calabria - dice ancora il segretario generale della Fillea-Cgil Calabria - bisogna diffondere le comunità energetiche, in modo da supportare un mondo di piccole e medie imprese spesso in difficoltà anche per i costi energetici. Di pari passo va costruito un piano energetico regionale lungimirante che veda l'utilizzo di fondi rinnovabili come punto di riferimento, incentivandone l'utilizzo e non sponsorizzando progetti che guardano al passato come fonte energetica di approvvigionamento. La scelta del Governo nazionale sulla Zes di centralizzazione rischia di compromettere lo sviluppo delle aree più deboli di cui facciamo parte e gli investimenti programmati dalla Zes in Calabria come quello della Baker Hughes di non ripetersi. Al di là dei proclami, in Calabria manca una vera strategia di sviluppo che metta al centro il lavoro, quello sostenibile, sicuro, ed in questo contesto sarà fondamentale da parte della Fiom fare partecipare alle assemblee per il rinnovo del contratto dell'industria metalmeccanica il maggior numero di lavoratori. Anche perché la piattaforma presentata insieme a Fim e Uilml, oltre alla richiesta di aumenti salariali, ha una visione d'insieme che mette al centro la conciliazione di tempi vita e lavoro, l'ambiente, salute e sicurezza, regole per il mercato del lavoro spesso oggetto di frantumazione e di flessibilità a discapito dei lavoratori. È evidente che per dare un futuro produttivo, capace di generare ricchezza e creare lavoro. Oltre all'applicazione dei contratti, serve un approccio radicalmente diverso, sia da parte delle istituzioni, a partire dalla Regione, sia da parte delle organizzazioni di rappresentanza, troppo prese da azioni lobbistiche più che di promozione sociale. Problemi che riguardano tutti coloro che credono ad un'altra Calabria possibile»