Come può un pensionato guadagnare di più di un lavoratore nel pieno della sua carriera lavorativa? È questo il dubbio che viene osservando i dati della classifica sulla Qualità della Vita 2021 rilasciati dal Sole 24 Ore qualche giorno fa e che vedono le province calabresi occupare le ultime posizioni della graduatoria.

Leggendo i dati, però, emerge un’altra anomalia: in Calabria le pensioni medie sono più alte degli stipendi medi attualmente retribuiti. Una vera e propria distorsione del sistema, se si pensa che la forza lavoro dovrebbe sostenere con i propri contributi il pagamento delle pensioni di vecchiaia maturate da chi ormai ha lasciato il posto di lavoro. Eppure, questa anomalia è diffusa su tutte le province regionali, segno della difficile situazione che vivono giovani e meno giovani in una regione che non ha i più alti tassi di disoccupazione, ma anche delle retribuzioni pesantemente sotto la media, tanto che anche le pensioni sono superiori agli stipendi.

Qualità della vita in Calabria, a Vibo stipendi più bassi della metà della media nazionale

La classifica sulla Qualità della Vita 2021 non lascia spazio a nessun tipo di dubbio: i numeri sono impietosi e fotografano in maniera netta le difficoltà affrontate dalle famiglie ogni giorno. In Italia lo stipendio medio, secondo i dati raccolti e presentati qualche giorno fa, è di poco sotto i ventimila euro, ovvero 19.522 euro: a Vibo Valentia, provincia che ha gli stipendi medi più bassi in tutta Italia, un dipendente guadagna in media 11.757 euro l’anno. Un dato incredibile, che è circa la metà della media italiana ma che soprattutto è un terzo delle prime in classifica, Milano e Monza-Brianza, che registrano stipendi medi superiori ai 30 mila euro.
Se però un dipendente a Vibo guadagna poco più di diecimila euro, le pensioni medie sono decisamente più alte: si parla infatti di 16.674,60 : una differenza quindi superiore ai 5000 euro, quasi metà di un’annualità totale. Per guadagnare quanto un pensionato della stessa provincia in un anno, quindi, un lavoratore di Vibo Valentia dovrà lavorare circa un anno e mezzo, una differenza abissale.

Questa stessa differenza viene riscontrata a Cosenza, che è penultima in classifica per gli stipendi più bassi d’Italia: nella provincia bruzia un dipendente guadagna in media 13.345 euro, intorno ai mille euro al mese inserendo nel computo un’eventuale tredicesima, mentre un pensionato guadagna in media 17.200 euro l’anno, con uno scarto di circa 300 euro in media per ogni mensilità.

Pensioni, a Catanzaro gli assegni più alti in Calabria

La stessa situazione è presente in tutte le province italiane e in larga parte delle regioni del Sud, a sottolineare che questa discrepanza è comunque strutturale e frutto delle diseguaglianze e della debolezza dell’impianto produttivo e del mondo del lavoro. A Crotone lo stipendio medio è di 13.649 euro, mentre gli assegni pensionistici sono superiori di circa 3000 euro, fissandosi a 17.335 euro. Poco distanziate per gli stipendi Catanzaro e Reggio Calabria, con quest’ultima che conquista la palma, se così possiamo dire, di provincia calabrese con gli stipendi medi più alti, con una retribuzione annua di 15.045 euro. Certo, si parla comunque di uno stipendio inferiore di quasi 5 mila euro rispetto alla media nazionale e della metà delle due province in vetta, che hanno retribuzioni medie superiori a 30 mila euro.

Per quanto riguarda le pensioni, invece, è Catanzaro la provincia con gli assegni più pesanti in Calabria, ovvero 18.840 euro l’anno, seguita da Reggio Calabria (17.989 euro ogni anno) e Crotone (17.335 euro anno): una cifra non lontana dalla media nazionale ed un divario certamente non paragonabile con quello degli stipendi. La prima provincia per assegni pensionistici annui è infatti Roma, che registra una media di 26mila euro, seguita da Cagliari con 24.354 e Milano, che chiude il podio con assegni medi da 23.375.

Dati che fanno riflettere e che spiegano anche i motivi della continua desertificazione di un territorio che vede partire i giovani, alla ricerca di migliori opportunità, e restare anziani e pensionati, che spesso con i loro assegni sostengono famiglie e nipoti alle prese con la cronica carenza di lavoro. La speranza è che, a questo punto, i calabresi possano trovare sotto l’albero pace, serenità e qualche euro in più in busta paga.