VIDEO | Il nucleo di valutazione che dovrebbe analizzare l’efficacia degli interventi finanziati è stato istituito 20 anni fa ma non produce risultati che potrebbero consentire di modulare al meglio gli obiettivi futuri. Il docente Unical Aiello: «Così è inutile, andrebbe chiuso». Dell’organismo di controllo fanno parte 11 persone, tra cui 3 esterni che però lavorano con l’amministrazione regionale da decenni
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Quanto è cresciuto il Pil calabrese grazie ai fondi europei? Impossibile saperlo. Quante startup, cioè nuove aziende, sono sopravvissute tra quelle nate grazie al foraggiamento Ue? E senza mamma Bruxelles, sarebbero nate lo stesso? La risposta è sempre la stessa: buio assoluto. Insomma, non c’è alcun modo di avere una stima dell’impatto sulla Calabria dei fondi europei, perché il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici in Calabria è all’anno zero, nonostante sulla carta sia stato istituito quasi 20 anni fa. Ne è sicuro Francesco Aiello professore ordinario di Politica economica all’Università della Calabria e redattore di OpenCalabria.
«Così non serve, meglio chiuderlo»
«Il Nucleo di valutazione andrebbe chiuso - rimarca secco -, in questo modo non ha alcun senso». La sua non è una critica sulla qualità e sulle competenze delle persone che compongono l’organismo, ci tiene a precisare, ma proprio su quella che definisce «mancanza di una cultura della valutazione in Calabria».
«Da queste parti la politica ha timore delle valutazioni - spiega -, nella convinzione che un eventuale giudizio negativo rappresenti una sorta di bocciatura e, dunque, comprometta il consenso. Ma le cose non stanno così. La valutazione è sempre utile, soprattutto quando è negativa, perché soltanto sapendo cosa non ha funzionato è poi possibile aggiustare il tiro e raggiungere i risultati davvero attesi. Nei Paesi più progrediti funziona in questo modo e nessuno teme una stima scientifica dell’azione messa in campo».
Spesa aumentata
Eppure, non passa giorno ormai che l’amministrazione regionale in carica non ostenti la capacità di spesa dei fondi europei, con il governatore Mario Oliverio sempre in prima fila a ribadire che la Calabria non è più in fondo alla classifica per utilizzo delle risorse. Vero. Alla fine del 2018, il target di spesa fissato dall’Unione europea era stato ampiamente superato: 420 milioni di euro impegnati sull’obiettivo di 363 milioni per il Por Fesr Fse 2014-2020 (2,4 miliardi di euro in totale), con un confortante + 16%. Stesso discorso per il Psr (Piano di sviluppo rurale): 32,2% di spesa certificata rispetto alla dotazione finanziaria del Programma, cioè oltre 350 milioni di euro su un totale di poco più di un miliardo dell’intero programma. Ma chi voglia porsi legittimi interrogativi sull'utilità di questa spesa, resterà deluso, perché comparazioni tra il dire e il fare non ce ne sono.
«Quello che non hanno capito – continua Aiello – è che la gente è stufa di sentire che si sta spendendo tanto. Ciò che vuole sono i risultati, vuole comprendere se i soldi spesi stanno realmente aiutando la Calabria a crescere, e questo, purtroppo, non si può sapere perché non è stata prodotta alcuna analisi scientifica dell’impatto dei fondi europei. Alla Regione si limitano a fare una semplice rendicontazione dei soldi in entrata e in uscita, nulla di più».
Controllori nominati dai controllati
Il motivo sarebbe nell’inefficacia di un sistema di valutazione che esiste solo sulla carta e che si guarda bene dal disturbare il padrone del vapore.
«Chi valuta dovrebbe essere un soggetto terzo - continua -. In passato avevo avanzato l’ipotesi che i risultati della valutazione ci fossero, ma fossero stati secretati perché negativi. Oggi sono convinto che una vera e propria analisi non sia mai stata effettuata».
Valutazione complessa e "pericolosa"
Troppo complessa: non si può fare a tavolino, servono riscontri sul campo, interviste, sondaggi, montagne di dati da elaborare e comparare. Ma anche troppo scomoda: eventuali risultai negativi, come scarso o nullo incremento del Pil (relativamente agli interventi finanziati, non in generale), mortalità delle imprese "aiutate", dispersione delle risorse così orgogliosamente spese, sarebbe una mazzata per le ambizioni elettorali dei principali attori regionali.
Così, l’unica vera attività del Nucleo è la produzione di una serie di documenti propedeutici proprio a quella valutazione che finora non è stata fatta. Il più importante di questi atti è il Piano delle valutazioni per il programma operativo regionale 2014-2020. Un dettagliatissimo e ambizioso documento che illustra per filo e per segno quello che bisognerebbe accertare: 32 schede dove ci sono tutte le domande ancora senza risposta. Domande semplici nella formulazione, ma che necessitano di un lavoro di analisi ciclopico. Ad esempio, la scheda n. 29, quella sulla valutazione d’impatto della formazione post-lauream, chiede di accertare quali siano gli esiti occupazionali dei corsi finanziati. Oppure la scheda numero 27, sulla valutazione degli interventi per il contrasto delle povertà, che spinge a verificare quali e quanti siano stati gli effetti del microcredito per i beneficiari. E ancora, domande sempre più interessanti sui risultati conseguiti in materia di disagio abitativo, di utilizzo dei beni confiscati alla ‘ndrangheta, di lotta all’evasione scolastica, riduzione del digital divide e così via. Ogni interrogativo è un mondo inesplorato o quasi che potrebbe aiutare a gestire al meglio i fondi a disposizione per gli anni futuri.
Consulenti esterni da decenni in Regione
«Ma così come è strutturato - spiega Aiello - non è immaginabile che il Nucleo possa svolgere il lavoro che gli viene chiesto. Sono certo, dunque, che a breve i protocolli di valutazione verranno ridimensionati».
Istituito nel 2000 per dare attuazione a una legge dell’anno precedente, a guidare l’organismo non c’è un’economista ma un ingegnere, il dirigente regionale Giovanni Soda. Sette, poi, i componenti interni all’Amministrazione regionale e tre quelli esterni, che in teoria dovrebbero accrescere l’indipendenza del Nucleo di valutazione: Geremia Capano, Matteo Marvasi e Maria Laura Tucci.
«Ma si tratta di esterni per modo di dire - conclude il docente dell’Unical - perché lavorano con la Regione da almeno 20 anni».
Insomma, chiedersi chi controlla i controllori non è azzardato, soprattutto quando in gioco c’è l’efficacia di 3 miliardi e mezzo di euro di fondi europei che in gran parte devono ancora essere spesi.
Enrico De Girolamo