Questa mattina i calabresi sono svegliati con una buona notizia: il prezzo del carburante è sceso ancora. In alcune stazioni di rifornimento il gasolio, ad esempio, è venduto ad un euro virgola centotrenta (1,130) al litro. Erano ormai diversi anni che i prezzi erano impazziti, arrivando persino a 2 euro a litro. Un salasso che per gli italiani, automobili-dipendenti, stava diventando insostenibile.
Ma perché c’è questa continua discesa al ribasso?

 

Una delle cause va ricercata nell’attuale scontro politico tra Iran e Arabia Saudita, due dei maggiori produttori di petrolio al mondo. Il peggioramento delle relazioni tra i due paesi del Medio Oriente porta pessimismo nei mercati mondiali, con l’Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries) che – proprio in virtù dello scontro tra Iran e Arabia Saudita – non riesce a fissare un prezzo stabile e di comune accordo.

 

“L’Iran – si legge sul mensile di geopolitica “Internazionale” - si sta preparando per un grande ritorno sui mercati globali nel 2016 dopo anni di sanzioni, dopo l’accordo raggiunto sul nucleare con il gruppo dei 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania). Questo determinerà una grande disponibilità di petrolio, a meno che l’Iran, l’Arabia Saudita e i produttori del Golfo non trovino un accordo per regolarne la produzione. Una prospettiva che per il momento non sembra plausibile”.

 

C’è anche un altro dato da tenere in considerazione: la Cina. La repubblica popolare orientale, infatti, contrariamente a quanto si possa pensare, sta crescendo ad un ritmo più debole rispetto al passato. Questo determina di conseguenza una minore domanda di petrolio, quindi la spinta dei produttori a calare i prezzi.

 

Scrive ancora “Internazionale”: “La domanda cinese è di fondamentale importanza per i mercati petroliferi, che stanno già affrontando un eccesso di offerta. Gli analisti dell’Usb di recente hanno previsto che un altro crollo delle importazioni cinesi potrebbe portare il greggio statunitense a 25 dollari al barile”.

 

Infine c’è la questione del dollaro. La moneta statunitense, utilizzata come valuta ufficiale sulla maggiorparte dei mercati e soprattutto nell’affaire petrolio, ha avuto un inizio di anno molto buono. Questo determina un abbassamento di prezzo del petrolio, che è appunto prezzato in dollari.

 

“Un dollaro più forte – fa notare ancora “Internazionale” - rende il greggio più caro per gli acquirenti esteri, che quindi tendono a comprarne di meno.
Senza dimenticare il mercato parallelo gestito dall’Isis, che con i suoi contrabbandi di petrolio ruba piccole fette di mercato ai paesi sotto stretto controllo dell’Opec…