La Calabria produce pane di grande qualità. E ogni anno fioccano i riconoscimenti nazionali. “L’arte del grano”, attività di Davoli (Cz), ha conquistato il primo premio nazionale nella categoria “Pane prodotti con cereali minori”. Una bella soddisfazione per Anna Pittelli, Salvatore Pittelli e Valeria Aversa che ci hanno sempre creduto.

Anna è felice. E ricorda come inizia la sua passione per il pane. E prima di tutto come nasce “L’arte del grano”.
«Nasce dalla passione di mia madre, Valeria, che nel 2005 ha aperto il suo primo forno. Nel 2018, io e mio fratello Salvatore abbiamo scelto di cambiare radicalmente le nostre vite, mettere in stand-by quelli che erano stati fino ad allora i nostri percorsi lavorativi, e dedicarci a “L’arte del grano”».

Il pane non è un alimento qualunque. Perché il pane è fede, storia, tradizione, condivisione. È qualcosa di sacro e di unico.
«L’idea che guida il nostro progetto è che, attraverso il pane, un alimento condivisibile, popolare, essenziale, possiamo costruire rapporti con le persone che lo scelgono e con tutte quelle che incrociamo lungo la filiera: diventa così uno strumento importantissimo per veicolare nuove consapevolezze. Dell’importanza di nutrirsi bene e soprattutto dell’impatto di ogni scelta, da produttori e da consumatori, sull’ambiente che ci ospita: il pane è innanzitutto un prodotto agricolo ed è impensabile valorizzarlo senza rispettare la terra».

Il premio dì questi giorni della Camera di Commercio di Roma premia la Calabria. E premia l’impegno di chi ci crede e fa tanti sacrifici.
«È stato molto emozionante ricevere il primo premio nazionale nella categoria “Pane prodotti con cereali minori”, con la nostra torta di segale. Intanto perché proprio Segale è stato il primo pane della linea Trame, la linea di pani moderni creati da mio fratello Salvatore, che ha avviato una piccola rivoluzione e segnato un nuovo corso nella nostra attività. Ma soprattutto perché il pane premiato è prodotto con la segale Iermana della Sila Grande, la dimostrazione che scegliere di investire nella filiera corta e nei grani locali è la strada giusta: la nostra terra ha straordinarie potenzialità che abbiamo il dovere di far emergere».

“L’arte del grano” si afferma alla forza e all’unione di un gruppo, di una famiglia. E in questo la giovane Anna ha sempre creduto.
«Si tratta di un gioco di squadra. Io mi occupo prevalentemente della gestione, mentre mio fratello e mia madre sono gli artigiani di casa. Niente però sarebbe possibile senza le nostre collaboratrici e i nostri collaboratori: una squadra quasi tutta al femminile, multiculturale e giovane. Il mestiere del panificatore è cambiato: l’innovazione tecnologica ci permette oggi di lavorare di giorno, aumentando la qualità del prodotto e smettendo di sacrificare il tempo della vita. Anche questa è sostenibilità».

Dai forni de “L’arte del grano” viene fuori una serie di prodotti che trovano molto riscontro fra gli acquirenti.
«Si va dal pane ai taralli, dai dolci alla gastronomia fino alla pizza, che stiamo per lanciare. Tutti sono legati da un filo comune: filiera corta, ricerca, studio, rispetto del lavoro degli artigiani che li producono. Sicuramente però il pane rimane il fulcro della nostra attività e il prodotto che meglio ci permette di raccontare la nostra visione dell’artigianato».

Volendo scegliere fra gli altri un prodotto particolarmente interessante...
«Se dovessi sceglierne uno, direi Timpa: farina di grani calabresi, pomodori secchi e finocchietto della “timpa” di Davoli, la nostra comunità da cui tutto è partito. Un pane che racchiude i sapori e i profumi della nostra terra e che abbiamo pensato come dono da condividere durante le festività».

La Calabria cresce sempre più nell’ agroalimentare: olio, vino, pane, formaggi, salumi. Una terra straordinaria.
«Una terra ricca di bellezza, di “saper fare” e di sapori autentici: un patrimonio inestimabile che ha bisogno però di una visione d’insieme dentro cui essere valorizzato. Serve concentrare gli  investimenti e sostenere la costruzione di filiere attraverso cui narrare la nostra anche terra al resto del mondo. Penso, ad esempio, all’enorme potenzialità che potrebbe rappresentare la valorizzazione di una filiera del grano: esistono belle esperienze isolate, serve metterle in rete. Si è più forti solo se si compete insieme». 

I giovani e la Calabria: "ma qui non c’è niente", "non si fa niente". E così la Calabria si spopola.
«Conosco tante e tanti giovani artigiani, agricoltori, imprenditori, professionisti, che hanno scelto di restare. Secondi a nessuno in termini di visione e professionalità, tentano con ogni sforzo a ridisegnare le comunità in cui operano. Lo fanno spesso privi di strumenti, sapendo di fare più fatica rispetto ai loro coetanei che vivono in altre parti d’Europa e spesso eccellono. Continuare a costruire, andando oltre i limiti, è anche un modo per dare senso alla scelta di restare. Almeno, per me ,è stato così».

Anna è una ragazza che non si è arresa. Ha lottato ed è rimasta in Calabria.
«Sono una giovane donna innamorata di questa terra, bellissima quanto complicata. È una tela bianca su cui possiamo costruire l’Italia del 2050: è tempo di creare sinergie, di tessere reti, di immaginare un presente diverso». 

Il futuro della Calabria. Fra paura e speranza.
«Il futuro della Calabria sarà diverso dal presente solo se verrà lasciato spazio alle competenze e al saper fare del suo capitale umano. Se si avrà il coraggio di cambiare».