Che perseverare nell’errore sia diabolico lo sanno tutti. Sicuramente lo sa anche la Regione Calabria, che però ha deciso ugualmente di tenere in vita il Corap, il consorzio per le attività produttive che nel 2016 ha accorpato tutte le aree di sviluppo industriale (le Asi) su base provinciale, realizzando una riorganizzazione del settore partita nell’era Scopelliti e poi “perfezionata”, si fa per dire, da Mario Oliverio.

 

Sin da subito il Corap ha cominciato a imbarcare acqua dalle falle aperte da una massa debitoria arrivata a toccare quota 90 milioni di euro, a fronte di crediti in gran parte inesigibili di circa 50 milioni di euro. Così, ha cominciato ad andare a fondo come un sasso, portandosi appresso i servizi che dovrebbe erogare alla cittadinanza (la gestione dei depuratori) e alle imprese (manutenzione delle aree industriali, banda larga, sicurezza), nonché il futuro di oltre 200 lavoratori, tra impiegati del consorzio e indotto.
La sua sorte sembrava segnata: messa in liquidazione e commissariamento. Era stato lo stesso assessore regionale alle Attività produttive, Mariateresa Fragomeni, a confermare il 27 giugno scorso a Crotone, che non c’era alternativa a causa del debito strutturale. Un epilogo “contabile” che consentirebbe di pagare, sebbene parzialmente, i creditori e ricollocare i lavoratori senza stipendio da mesi. Una soluzione sollecitata dalle stesse organizzazioni sindacali, le quali hanno chiesto esplicitamente che venisse calato il sipario - anzi, il sudario - sul Corap.

Invece, venerdì scorso, il presidente della Regione Mario Oliverio ha incontrato le rappresentanze dei lavoratori annunciando l’intenzione, per ora, di andare avanti, sebbene non abbia spiegato bene come. Il governatore si è limitato a enunciare una serie di intenti: salvaguardare i posti di lavoro, rilanciare la politica di sviluppo industriale, garantire il funzionamento dei depuratori. A cercare di districare l’intricata ragnatela giuridica e contabile che avviluppa il consorzio, sarà il commercialista Giorgio Sganga, consulente dell’Ente.

 

«Stanno per propinarci la solita minestra riscaldata, quella della politica - afferma Alessandro Cuomo, imprenditore crotonese -. L’unica soluzione credibile era la messa in liquidazione da subito e la costruzione di un percorso di risanamento finanziario e organizzativo. Ma questo si fa solo con un piano industriale serio, che il Corap non ha mai avuto. Neppure lo Statuto è riuscito ad approvare, figuriamoci un piano industriale. Eppure le consulenze, profumatamente pagate per l’elaborazione di entrambi gli strumenti, non sono mancate in passato».
Pessimismo, quello di Cuomo, che nasce dalla disastrosa esperienza quotidiana di aziende che operano in un’area che non ha neppure l’illuminazione pubblica, tagliata dall’Enel a causa di bollette non pagate dal consorzio per 20 milioni di euro.

 

Il sospetto che serpeggia tra gli imprenditori è che, anche se agonizzante, il Corap sia perfettamente funzionale agli obiettivi elettoralistici, che si fanno sempre più impellenti con l’approssimarsi della tornata elettorale prevista tra la fine del 2019 e l’inizio del prossimo anno.
Rinunciare a questa leva capace di orientare il consenso di centinaia di famiglie, sottoposte loro malgrado alla spada di Damocle della perdita del posto di lavoro o, nel migliore dei casi, alle dinamiche di trasferimento da un ente all’altro, significherebbe sottrarre alla politica uno strumento di propaganda prezioso. Senza contare che il “fallimento” (in realtà, il Corap, essendo pubblico, non può fallire in senso tecnico) rappresenterebbe comunque una macchia che rischia di sporcare la prossima campagna elettorale, offrendo carburante prezioso alla corsa degli avversari.

 

Da qui, probabilmente, la volontà di allungare l’agonia, nonostante l’ufficio del revisore unico abbia recentemente certificato l’irreversibilità della situazione debitoria. Anzi, l’organo di controllo dei conti ha fatto di più, mettendo nero su bianco che «nonostante i ripetuti solleciti, la Giunta regionale, con gravi responsabilità oggettive, non ha avviato in modo fattivo il processo di copertura delle perdite pregresse e di ricapitalizzazione del Fondo consortile, infatti, nonostante i proclami, nessun atto ufficiale è stato prodotto». Certificato e sottoscritto appena 20 giorni fa.