Il 16 novembre l'accertamento pubblico per il conferimento dell'importante riconoscimento. In attesa della consacrazione Vincenza Alessio Librandi (Donne del Vino) e Antonio Boco (critico enogastronomico) raccontano storie e ragioni di un successo annunciato
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«Chi ha avuto l’opportunità di percorrere quel tratto stradale che da Sibari conduce fino alle porte del comprensorio reggino, si sarà reso conto in concreto di che cosa significhi “mancanza di un progetto”: di un governo che funzioni, di una programmazione, di uno sviluppo armonico, di vere scelte politiche: questo disastro è tutto lì, in quei duecento e passa chilometri di occasioni mancate. Per fortuna che c’è il Cirò», scriveva Francesco Falcone nel blog "L’Accademia degli Alterati", nel lontano 2012. Ma 11 anni dopo, alla vigilia dell’accertamento pubblico per il conferimento della Docg al portabandiera dei vini calabresi, va detto che la fortuna si è fatta impegno, l’impegno visione, la visione programmazione: e le occasioni che si sono presentate sono state afferrate e sfruttate. Il Consorzio tutela e valorizzazione dei vini Doc Cirò e Melissa ha investito, organizzato, animato. Negli anni una nuova consapevolezza orgogliosa si è diffusa tra i produttori cirotani, nessuno escluso: naturali e convenzionali, giovani e meno giovani, storici e innovatori, tradizionalisti e rivoluzionari.
Riconoscimento ufficiale | Il Cirò Classico diventa il primo vino Docg della Calabria: una pietra miliare per la vitivinicoltura d’eccellenza
La data
Giovedì 16 novembre alle 17 due funzionari del ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) insieme a Francesco Ferreri (Comitato Vini Dop e Igp), apriranno l’accertamento pubblico per il conferimento della Docg: e considerando che il Cirò fu uno dei primi vini d’Italia ad ottenere la Doc nel 1969, a distanza di 55 anni tutti confidano nel “Si Stampi”, destinato a costituire pietra di volta culturale, prima che produttiva.
La critica
Antonio Boco, critico enogastronomico già Gambero Rosso e oggi impegnato insieme al collega Paolo De Cristofaro nel progetto "Tipicamente" - magazine indipendente, blog & podcast attivo dal 2009 con uno speciale sulla Calabria in uscita - da anni racconta anche i vini cirotani con entusiasmo e partecipazione, umana prima che professionale. Sua, Vinitaly 2023, la conduzione del seminario "Rosa relativo. Tradizioni, vignaioli e vini a Cirò" organizzato dal Consorzio lo scorso aprile durante la fiera veronese.
Un disciplinare moderno
«L’effetto della Docg si riverbererà sull’intera vitivinicoltura regionale, ma stiamo comunque parlando di un territorio circoscritto, quello del Cirò Classico - racconta-. Se l’audizione andrà come si spera, il riconoscimento andrà all’areale di Cirò Marina, ipertradizionale nella produzione del Gaglioppo Doc: 36 di maturazione in cantina prima dell’immissione sul mercato, sei mesi di legno, e l’impiego di uve locali in larghissima maggioranza (90% gaglioppo, e il restante a varietà tradizionali quali greco nero e mantonico). Un disciplinare molto moderno nella sua accezione, che anche nelle varietà ha puntato alla tradizione, all'autoctono, senza concessioni “strane”».
Docg e mercati
Alla domanda Quanto “pesa” la Docg nell’ingresso della Calabria nei mercati che contano, Boco risponde così: «Sicuramente la Docg è un riconoscimento importante. Attesta il valore storico e attuale del vino di Cirò, la massa critica acquisita per numero di produttori, aziende, territorio. Va anche detto però che le denominazioni non sono più quello che erano negli anni ‘90 o 2000: sono aumentate di molto, anche di numero. Non so quanto sia importante e automatico a livello di mercato nel fare entrare il Cirò e la Calabria nei mercati che contano. Non credo sia una causa-effetto così immediata».
La presa di coscienza
«È tuttavia importante a livello simbolico. La Docg è il vertice della piramide delle denominazioni italiane, segna l’ingresso del Cirò Classico nel gotha del vino, ed attesta la definitiva presa di coscienza sia esterna che interna. Esterna perché conquistando la Calabria la prima Docg, concretizza formalmente un traguardo prestigioso, ad oggi mancante. Interna, perché i vignaioli che lo producono, e tutti i calabresi, si responsabilizzano di fronte a ad un impegno stringente da un punto di vista oggettivo, burocratico, procedurale. Un iter che comporta uno sforzo maggiore, vista la stringenza del regolamento Docg rispetto alle altre denominazioni», aggiunge.
Protagonisti
Ma quali sono i produttori che più di altri hanno investito e lavorato per ottenere le certificazione? «Quelli che hanno tirato la volata più di altri sono stati certamente quelli i più grandi e coscienziosi, che hanno sempre rispettato la tradizione: sicuramente i fratelli Librandi, figure di riferimento da sempre, e oggi in prima linea nel Consorzio, del quale gestiscono presidenza e ufficio promozione. Ma in realtà si è trattato di un lavoro collettivo. Se oggi se si parla tanto dell’areale, è anche grazie ai Cirò Boys, alla Cirò Revolution degli artigiani. Partecipando a questo dibattito ed ai lavori hanno portato un contributo importantissimo.
Le donne del vino: Vincenza Alessio Librandi
I Librandi sono massimamente rappresentati anche nella principale associazione enologica femminile, "Le Donne del Vino". A capo della delegazione regionale siede oggi Vincenza Alessio Librandi. A lei, portabandiera della vitivinicoltura classica e di tradizione, abbiamo chiesto un parere su come le diverse anime dei produttori, in passato in contrapposizione ed oggi seduti allo stesso tavolo, abbiano influito sul comparto.
Il Cirotano è il terroir più antico e strutturato della regione. In passato è stato anche teatro di una frizione culminata nella rivoluzione dei Cirò Boys. Questo riconoscimento secondo Lei concilia sotto la bandiera della qualità le tante anime dell'areale?
«Ritengo che i cambiamenti e le diverse interpretazioni del Cirò del recente passato non possano essere considerate come “frizioni”, ma abbiano costituito un passo importante verso una maggiore valorizzazione del terroir, contribuendo ad arricchire la varietà dell’offerta di un prodotto contraddistinto da una storia antichissima. La transizione alla Docg rappresenta l’opportunità per unire le diverse anime del Cirotano sotto la bandiera unica della qualità, promuovendo il territorio e valorizzando il patrimonio vitivinicolo. Essendo inoltre un criterio più restrittivo, la Docg contribuirà a creare unità tra i produttori, mettendo d’accordo sia le cantine storiche che i piccoli produttori, nell'obiettivo condiviso di produrre vini di alta qualità, capaci di riflettere il terroir unico del Cirò».
Qual è stato il ruolo delle donne?
«Le produttrici, le sommelier hanno avuto un ruolo centrale nella crescita della nostra vitivinicultura. Nel corso degli anni, abbandonando ruoli spesso gregari dovuti alla prevalenza maschile del settore, le nuove generazioni hanno assunto la guida delle aziende, entrando in tutta la filiera vitivinicola. Nelle aziende vitivinicole calabresi le donne si distinguono - oltreché nei ruoli dirigenziali - nelle attività di accoglienza, di cura per l’ambiente e per la sostenibilità, dando un grande impulso allo sviluppo dell'enoturismo, punto di forza per la crescita economica del territorio».