Il Mezzogiorno ha perso 1,1 milioni di residenti. I giovani in fuga verso il Nord: tra il 2002 e il 2021 il Mezzogiorno ha subito un deflusso netto di 808mila giovani under 35, di cui 263mila laureati. Il peggio deve ancora venire: nel 2080, il Mezzogiorno perderà il 51% dei propri giovani, diventando così l'area più vecchia del Paese. In Calabria la situazione peggiore, con un’area vastissima di paesi in totale spopolamento. Una desertificazione paurosa!

Ma come stanno, cosa fanno, come vivono i nostri ragazzi, costretti ad andare via? Gran parte si trova in Lombardia, Milano e il suo hinterland l’area più interessata. Non è difficile contattarli via Messenger, WhatsApp e naturalmente con il telefonino.

Giovanni è un giovane laureato che da due anni insegna in periferia di Milano. Viene dalla Presila cosentina: «Sinceramente quando ho accettato di venire qui ero felicissimo. Ma è durata poco, tempo due buste paga per capire che quasi avrei fatto la fame. Così è salito anche mio fratello che ha trovato lavoro alle Poste, dividiamo il bilocale e riusciamo così a sopravvivere. Ma fino a quando?».

Giuseppe è di Lamezia, lavora in un ufficio dell’Azienda Sanitaria di Bergamo, lo stipendio dopo tre anni non arriva a 1500 euro, di fitto spende 600 euro: «Con quello che mi rimane devo fare tutto il resto. Sì, qui è tutto bello e ordinato, ma noi siamo praticamente esclusi da tutto, siamo come fantasmi, non ci possiamo permettere nemmeno la pizza o una serata al cinema. Sabato o domenica al massimo una passeggiata, ma col panino preparato a casa».

Nel Trentino c’è un ragazzo del Catanzarese che lavora alle Poste. «Ogni mattina sveglia alle 5, poi alle 6 un’ora di treno per raggiungere il luogo del mio lavoro, quindi quasi due chilometri a piedi. La sera arrivo a casa distrutto, desidero solo il divano. Io non vivo».

Amarissimo il commento di un giovane vibonese: «Lavoro in un’azienda privata di Torino, faccio il corriere, il mio stipendio non arriva a 1400 euro, nel mese di dicembre mi è stato chiesto di fare tanto straordinario. Così ho lavorato fino a 18 ore al giorno. È stato un massacro! Ho resistito grazie alla promessa che mi era stata fatta, cioè di trovare una busta paga più ricca. A metà gennaio è arrivato lo stipendio: 130 euro in più. Vergognoso. Ho lavorato per tanti giorni dalle 6 alle 22. Mi veniva da piangere».

Ecco come vengono trattati i nostri ragazzi costretti a lavorare al Nord. Più che vivere, loro sopravvivono, e tanti vorrebbero scappare via. Ma il peggio è già stato annunciato: prima che questo secolo finisca, quindi entro i prossimi 50 anni, il Sud perderà il 51 per cento dei propri giovani. Viene davvero una forte disperazione. Com’è possibile che tutto questo accada nel più totale silenzio e indifferenza delle istituzioni, della politica e delle forze sociali? Fino a quando il Sud potrà accettare tutto questo?