Una selva di diffuso malessere pervade infatti gli organi in house calabresi. Ma con alcuni distinguo. Se da una parte, infatti, l'opinione pubblica e la classe politica sono stati sollecitati dai dipendenti della Terina saliti sul tetto, dall'altra il silenzio più assoluto è sceso sui collaboratori di un altro ente strumentale, la cui immagine è stata triturata dallo scandalo relativo alle assunzioni in campagna elettorale: Calabria Etica. Non si parla più, infatti, degli oltre 250 collaboratori mandati a casa dall'oggi al domani per alcune problematiche relative ai progetti per i quali erano stati messi sotto contratto. Anzi, in quell'occasione, nessun esponente politico ha sentito il dovere di dire una sola parola di conforto. Forse perché figli dello scandalo, quei lavoratori erano un po' come prole nata fuori dal sacro vincolo del matrimonio: come minimo da rinnegare. E quando, questi lavoratori, hanno chiesto un incontro con la giunta, hanno dovuto fare i conti con il forfait dell'ultimo minuto dell'assessore competente, Carlo Guccione, inopinatamente trattenuto altrove da altri impegni. Ma non va meglio a chi, in Calabria Etica, è invece rimasto: da sette mesi, infatti, anche lì circa 500 persone non vedono uno stipendio. Di più: per effetto dell'applicazione delle norme sulla trasparenza, curiosamente in tutta la Regione applicate solo a Calabria Etica, i nomi dei collaboratori sono finiti legittimamente prima sul sito e poi, forse un po' meno legittimamente, addirittura sui giornali. Ma sempre senza percepire uno stipendio e sempre continuando comunque a lavorare ai propri progetti. È indecifrabile il motivo per cui questi collaboratori non vengano pagati: per quanto è dato sapere dalla relazione stilata dalla commissione d'inchiesta voluta dal presidente Oliverio, i progetti ancora in essere non presentano alcuna criticità, le coperture finanziarie ci sono e i fondi sono fermi in dipartimento. I collaboratori di Calabria Etica sono figli dello scandalo, dicevamo, dell'indagine che ha interessato l'ex presidente Ruberto. E poco importa che, senza alcuna ipocrisia, le modalità di contrattualizzazione non siano tanto diverse da quelle adoperate dagli altri enti in house. In primis proprio da Fondazione Terina. In qualche modo, quei collaboratori devono pagare colpe non loro, innocenti come innocenti sono quei lavoratori saliti sul tetto. E nei giorni in cui la classe politica calabrese viene coinvolta nello scandalo Rimborsopoli, tutto ciò stride e infastidisce parecchio.


Giacomo Losi