Mentre Milano svetta ai piani alti, il Sud occupa i gradini più bassi della classifica stilata dall'Istituto Tagliacarne con Unioncamere. Ultima tra le 107 province italiane Enna, ma non bisogna risalire di molto per trovare Catanzaro e le altre
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È Enna la provincia più povera d’Italia ma le calabresi non se la passano molto meglio. La graduatoria, stilata dall’Istituto Tagliacarne con Unioncamere sulla base dei redditi delle famiglie, si presenta, come spesso accade anche in altri contesti, tagliata a metà con il Centro-Nord a occupare i piani alti e il Sub relegato ai gradini più bassi.
Bisogna varcare di un bel po’ la “terra di mezzo” nell’elenco delle 107 province italiane, infatti, per trovare la prima delle nostre: Catanzaro, che si piazza in 83esima posizione. Più in basso troviamo Cosenza, 95esima, e scendendo ancora un po’, in fila indiana, Vibo Valentia (100esima), Reggio Calabria (101esima) e Crotone (102esima).
L’analisi dell’Istituto Tagliacarne mostra anche i dati relativi ai redditi presi in considerazione. Nel 2022 la provincia di Catanzaro raggiunge una media di 15.944,22 euro, in crescita rispetto al periodo pre Covid: nel 2019 si fermava a 14.550,66.
Supera di poco i 15mila euro (15.009,47) nel 2022 Cosenza, dove più netto è stato però l’incremento rispetto al 2019, quando la media era di 13.767,78 euro.
Passa invece dai 13.175,24 euro del 2019 ai 14.393,94 del 2022 la provincia di Vibo. Crescono anche Reggio – da 12.887,69 a 14.248,44 – e Crotone, ultima della regione ma con un reddito familiare che sale dai 12.364,32 euro del 2019 a 14.234,62.
Tanto per farsi un’idea del divario tra la cima e il fondo della classifica, Milano, la provincia che occupa il primo posto a livello nazionale, ha un reddito per famiglia di 32.855,26 euro nel 2022 a fronte dei 29.426,13 del periodo pre Covid. Seguono Bolzano (27.965,63 nel 2022 a fronte di 26.210,26 nel 2019) e la provincia di Monza Brianza (25.246,2 nel 2022 e 27.519,81 nel 2019).
Non è eccessivamente pessimista, però, il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito, che così commenta i risultati dell'indagine: «L’analisi del reddito disponibile a prezzi correnti restituisce l’immagine di un Paese meno diseguale rispetto alla geografia del Pil. Più in generale, sembra che la nostra economia si stia articolando secondo direttrici che in tanti casi saltano la tradizionale dicotomia Nord-Sud». Ma, sottolinea, «occorre considerare che il processo inflattivo in questi anni ha colpito più il Mezzogiorno del resto d’Italia e questo sicuramente contribuisce ad ampliare i divari del potere di acquisto reale. Per questo, il tema vero resta quello della crescita della base produttiva per assicurare una occupazione di maggiore qualità e una più elevata consistenza del reddito delle famiglie fuoriuscendo dalle situazioni di precarietà oggi più diffuse nel Meridione».
C’è da dire, però, come sottolinea l’Istituto Tagliacarne, che il Mezzogiorno «nel complesso, ha allungato il passo più del resto d’Italia nel post Covid, mettendo a segno nel periodo considerato un incremento del reddito familiare in termini monetari - al lordo degli effetti inflattivi - del 9,1%, contro il +8,3% dell’Italia nord-occidentale, il +7,7% del Nord-Est e il +7,3% dell’Italia centrale».
Certo, il Nord resta a guardare le province meridionali dall’alto in basso, «ma – si sottolinea – complessivamente il reddito disponibile pro-capite al Sud ha recuperato terreno, anche per effetto delle politiche redistributive: se i 14.432 euro del 2019 rappresentavano il 74,9% del valore medio italiano, i 16.046 euro del 2022 ne costituiscono il 76,0%».