Tutti i tagli possibili suggeriti dall'organismo di controllo dei conti, dal costo del personale ai risparmi sulla gestione delle sedi. Fondamentale mettere a profitto le attività potenzialmente più lucrose come la gestione dei depuratori di Vibo e Gioia che potrebbero garantire entrate per milioni di euro, ecco come
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La Regione e i commissari straordinari del Corap non hanno fatto nulla di quello che avrebbe dovuto fare, a cominciare dal tentativo di sanare i bilanci e ridurre le spese. È questo il senso inequivocabile dell’ultima relazione di Sergio Tempo, revisore unico del Consorzio regionale per le attività produttive, ormai preda di una crisi conclamata che ne ha determinato il suo sostanziale default, con debiti per oltre 90 milioni di euro e perdite strutturali di circa 3,5 milioni di euro l’anno.
Una Cassandra inascoltata
Sono anni che Tempo nuota controcorrente cercando di risalire il flusso delle perdite che hanno condannato il Corap, e sono anni che la Regione non lo ascolta e reagisce con fastidio alle sue reiterate denunce. Questa volta, però, il revisore unico non si limita a mettere in evidenza le responsabilità, puntando il dito contro l’immobilismo del presidente Mario Oliverio e dei commissari straordinari, nominati dallo stesso governatore, che si sono succeduti alla guida del consorzio, ma fornisce anche la ricetta che, a suo dire, consentirebbe al Corap di tirarsi fuori dalle secche del fallimento e ripartire.
No alla liquidazione coatta per fare tabula rasa
Dopo aver ribadito che la soluzione non può essere la liquidazione coatta amministrativa - «che avrebbe il solo scopo di nascondere il fallimento di un progetto per il quale la politica non ha prestato le dovute attenzioni, accompagnando i creditori sul lastrico, dilapidando l’ingente patrimonio e buttando i dipendenti in mezzo a una strada» -Tempo ricorda di aver «doverosamente denunciato le scellerate decisioni dei vari commissari straordinari via via nominati con decreti a firma del presidente della Giunta regionale», chiedendo la tempestiva copertura delle perdite e avvertendo che «la mancata ricapitalizzazione dell’Ente avrebbe generato la principale causa di default del Corap».
«In più occasioni - scrive nella relazione che porta la data di oggi, 28 ottobre - ho chiesto l’adozione e l’approvazione di un Piano industriale teso alla valorizzazione delle ingenti risorse delle ex Asi (il consorzio nasce dalla loro fusione nel 2016, ndr), all’affidamento al Corap di nuove funzioni da aggiungere a quelle tradizionali, all’innalzamento della qualità e quantità dei servizi da offrire alle numerose aziende insediate all’interno delle Aree industriali».
La ricetta del salvataggio
È solo la premessa, alla quale il revisore unico fa seguire la sua ricetta per il salvataggio entro il 2024, attraverso una progressiva diminuzione delle spese e una contestuale messa a profitto delle attività del Corap.
La prima leva per migliorare i conti saranno i pensionamenti e i trasferimenti per mobilità di parte del personale, il cui costo dovrebbe passare da 6,6 milioni di euro a non oltre 4,5 milioni nel 2024.
Inoltre, «dal 2020 - continua la relazione - si potrebbero ridurre i costi variabili (reperibilità, straordinari, buoni pasto) elargiti in modo spropositati fino ad oggi, con un risparmio di almeno 90mila euro».
Dal 1° gennaio via anche il premio di produzione fisso, «previsto dal contratto aziendale, con un risparmio annuo, incluso oneri riflessi, di almeno 280mila euro.
«L’ottimizzazione dei costi, in particolar modo nelle 4 sedi decentrate, consentirebbe inoltre un ulteriore risparmio di almeno 100mila euro».
Pensionamenti e accorgimenti che già nel corso del 2020 dovrebbero assicurare una riduzione di costi per quasi 2 milioni di euro. «Il Revisore - si legge ancora - afferma, con estrema sicurezza, che, quanto prospettato consentirebbe di ridurre la perdita strutturale annua che scaturisce dalla gestione caratteristica del bilancio a poco più di 1,5 milioni di euro, considerato che, tale perdita per l’anno 2018 ammonta a 3,5 milioni di euro».
Mettere a frutto le attività
Fin qui i risparmi. Ma c’è un capitolo ben più consistente in termini di risorse fresche che potrebbero ridare ossigeno alla casse del consorzio soffocate dai debiti e dalle perdite. È quella della messa a profitto delle attività più lucrative, come la gestione dei depuratori, a cominciare da quelli di Vibo e Gioia Tauro.
Su questo argomento Tempo va giù duro, «chiamando a responsabilità tutti i commissari straordinari ed il direttore generale che si sono succeduti, in merito alla gestione irresponsabile e priva di ogni minimo senso manageriale, del depuratore che insiste nell’unità territoriale di Vibo».
Il depuratore di Vibo
Infatti, il servizio vibonese di depurazione, che il revisore unico definisce «fiore all’occhiello dell’intera Calabria, considerate le innumerevoli richieste rimaste insoddisfatte, presenta potenziali di sviluppo tecnico ed operativo, almeno di 4-5 volte quelle attuali».
«Investendo poche migliaia di euro (non oltre 40mila) - scrive Tempo -, l’impianto potrebbe garantire almeno 800mila euro (stima molto prudenziale) in più rispetto a quelli già prodotti». La riprova sarebbe nei bilanci della ex Asi di Vibo, «dai quali si evince che il servizio di depurazione produceva ricavi di oltre 2,8 milioni di euro, contro 1,9 milioni di euro prodotti durante la gestione Corap».
Il depuratore di Gioia
Diverso discorso per l’impianto della Piana, per il quale il revisore ipotizza una gestione diretta: «Nei primi mesi dell’anno 2020, arriverà a scadenza la concessione stipulata con la Iam Spa per la gestione degli impianti di depurazione e le reti fognarie ubicati negli agglomerati industriali di Reggio Calabria e di Gioia Tauro, di proprietà del Corap. I ricavi che la Iam Spa ha prodotto superano i 15/16 milioni di euro annui. Attualmente, il canone di concessione mensile è di 30mila euro, per un introito annuo per il Corap di 360mila euro euro. Ipotizzando una gestione diretta del Corap, si potrebbe in modo prudenziale stimare un maggiore risultato economico positivo di almeno 2,5/3 mln annui. Inoltre, si avrebbe un discreto incremento occupazionale». In alternativa, il rinnovo della concessione alla Iam dovrebbe essere rivista al rialzo, al fine di garantire un incasso «di almeno un milione di euro annui».
Tutto inutile se la Regione non ricapitalizza
Insomma: tagli, risparmi e (finalmente) un piano industriale. Tutto inutile, però, se la Cittadella non procede come promesso alla ricapitalizzazione del consorzio: «Le sorti del Corap – avverte il revisore unico - sono comunque legate alla copertura delle perdite pregresse ed alla ricapitalizzazione del Fondo consortile. Si invita pertanto la Regione Calabria a dare attuazione all’art. 2, comma 3, della Legge Regionale n. 48/2018, nella parte in cui si prevede lo stanziamento a favore del Corap della somma di 9 milioni di euro, invitando altresì la stessa Regione ad un ulteriore intervento a favore del Corap, anch’esso finalizzato alla copertura delle perdite pregresse ed alla ricapitalizzazione, di almeno 10 milioni di euro, anche in cinque annualità».
A chiudere la ricetta del salvataggio suggerita da Tempo, è il recupero dei «crediti, che ammontano ad oltre 50 milioni di euro, e alla dismissione di immobilizzazioni improduttive».
«Scellerata azione politica»
Un piano coerente, che potrebbe funzionare, se ci fosse una Regione in grado di agire con autorevolezza e giudizio, la stessa Regione però che sino ad oggi ha lasciato che tutto andasse in malora, accorgendosi del problema soltanto quando la casa era ormai in fiamme.
«I problemi di gravissimo squilibrio economico, patrimoniale e finanziario - conclude amaramente Tempo - sono da attribuire in larga parte a una scellerata azione politica degli ultimi cinque anni. Adesso, a pochissimi mesi dalle elezioni, affidare la risoluzione del problema a chi ne è stato la causa appare come la medicina che fa più danni della malattia».
degirolamo@lactv.it