VIDEO | La storia di un pensionato di Amantea che a marzo 2019 ha rassegnato le dimissioni dal lavoro per mettersi a riposo. Da allora, nonostante le carte in regola, è rimasto senza reddito e combatte con la burocrazia dell’Inps
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Sessantacinque anni, di cui 43 trascorsi a lavorare (con tanto di contributi), molti dei quali all'Enac, l'ente nazionale per l'aviazione civile, e una vitta tutt'altro che facile. Dino Antonio Posa, questo il nome per esteso del protagonista di questa storia, pensava di essersi messo alle spalle preoccupazioni e inquietudini, anche quelle generate dalla separazione da sua moglie, e di potersi finalmente godere la meritata pensione. E invece, proprio sul più bello, Dino deve tornare a fare i conti con il destino avverso. Lo scorso febbraio presenta le dimissioni dal lavoro e il 31 marzo è il suo ultimo giorno di lavoro. Questa è la prassi se vuole accedere a quota cento, cioè il prepensionamento che può richiedere chi, pur non avendo compiuto il 67esimo anno di età, ha un numero sufficiente di anni di contributi Inps versati (il Decreto legge "Quota 100" del 28 marzo 2019, all'art. 15, comma 1 sancisce che l'accesso alla pensione anticipata è consentito se risulta maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni per le donne a prescindere dall'età anagrafica). E così il 1° aprile 2019 Dino è ufficialmente un pensionato. I giorni scorrono lieti nella sua Amantea e finalmente può dedicarsi a se stesso e alle sue passioni. Ma la gioia dura poco. L'ex dipendente Enac scopre che il fascicolo relativo alla sua pratica di pensionamento è apparentemente scomparsa. Nessuno sa dove sia e soprattutto nessuno sa quando potrà godere della sua pensione.
Le spese aumentano, gli aiuti no
Dino pensa a un ritardo burocratico, a una semplice svista, ma quando comincia a chiedere spiegazioni non ottiene risposta o ne ottiene qualcuna molto vaga. Neppure l'intervento del patronato riesce a cambiare lo stato delle cose. I giorno passano, le spese si accumulano e Dino non sa che fare. Lo stipendio era la sua unica fonte di sostentamento e ora dovrebbe esserlo la sua pensione. Invece niente, i soldi non arrivano, al contrario dei problemi. Per non approfittare della bontà di alcuni suoi amici, che si offrono di dagli una mano, lo sfortunato amanteano è costretto a rivolgersi alla banche. L'istituto di credito di fiducia, dapprima, gli spalanca le porte ed estende il fido già esistente. Poi, considerata la mancata restituzione dei fondi e l'impossibilità di ripianare il debito, la banca rivela l'intenzione di chiudere i rubinetti. Per Dino è un colpo durissimo.
«La pensione è un mio diritto»
Esasperato, Dino decide di rendere pubblica la sua situazione, affidando le sue sensazioni alla nostra redazione. «Non sono qui per chiedere pietà - dice - voglio semplicemente che mi sia riconosciuto un mio sacrosanto diritto dopo una vita intera dedicata al lavoro. Non è possibile che dopo tutto questo tempo io non possa sapere se e quando avrò i miei soldi. Combatterò con onestà come ho sempre fatto, anche se questo più volte mi ha creato dei problemi».
La luce in fondo al tunnel
Per uno strano scherzo del destino, proprio mentre Dino sta rispondendo alle nostre domande, alla sua casella di posta arriva una mail. E' l'Inps, la sede romana di Montesacro, la quale comunica che ha provveduto «a trasmettere il fascicolo telematico della sua pratica, alla sede di Catanzaro, competente a liquidare la pensione. Successivamente, è stato inviato anche il fascicolo cartaceo.». Fine della storia? Sembrerebbe di sì, ma con la burocrazia calabrese, il condizionale è d'obbligo, anche perché da Catanzaro ancora nessuno si è fatto vita. E Dino ha promesso che continuerà ad aggiornarci.