La cosiddetta “rivolta dei trattori” ci induce a proporre una sintesi sul peso dell’economia agricola in Italia. Utilizzeremo come riferimento l’ultimo Annuario Crea, edito nel 2023 e con dati aggiornati al 2022. Il sistema agroalimentare nazionale ha fatturato 621 miliardi di euro, pari al 15% dell’intero Pil italiano. Il 42% di questa ricchezza è stata assicurata da tre sole regioni: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Crea ha messo in evidenza anche la composizione della catena dl valore del sistema agroalimentare: il peso maggiore dei 621 miliardi lo ha avuto con il 28,6% l’industria alimentare (bevande e tabacco compresi), seguita dall’intermediazione e dal commercio all’ingrosso dei prodotti alimentari (26,4%), dalla vendita al dettaglio degli stessi (23,4%), dall’agricoltura in quanto tale, comprese caccia e pesca (11,6%), e per chiudere dalla ristorazione (10,1%).

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Entriamo ora nel dettaglio della voce Agricoltura, silvicoltura e pesca, misurata nel 2022 in circa 75 miliardi di euro: 70,39 miliardi, e cioè il 94,3%, sono derivati da tutte le attività agricole; 2,74 mld dalla silvicoltura; 1,53 mld dalla pesca. Qual è stato, nell’ambito delle attività agricole, l’andamento delle produzioni vegetali che, nel loro complesso, hanno registrato un valore alla produzione di 37 mld di euro con un incremento del 13,9% sul 2021? In testa troviamo i cereali (grano, mais, riso, orzo, avena, farro, segale…) che hanno segnato un incremento del 21,1%. Si tenga presente come la crisi della guerra in Ucraina abbia dimostrato quanto l’intera Europa sia dipendente dall’import di cereali, per cui, anche in termini di sicurezza nazionale, sarebbe fondamentale continuare a investire sulle produzioni, ad esempio, di grano duro (fondamentale per l’industria della pasta in cui l’Italia è leader mondiale), e di grano tenero, ma anche di mais che svolge un ruolo molto significativo nel campo dell’alimentazione animale, e non solo. Dopo i cereali un ottimo riscontro ha avuto la frutta, con una crescita in valore del 19,3%, seguita da patate e ortaggi (+16,2%). Crescita più contenuta in viticoltura (+6,5%) e contrazione nell’olivicoltura (-10,7%), entrambe colonne della civiltà mediterranea. Si ricordi che, alle spalle del colosso Spagna, l’Italia è il secondo Paese al mondo per produzione di olio d’oliva. Anche il settore zootecnico, attestandosi su un valore nel 2022 di 20,72 mld di euro, ha fatto un balzo in avanti del 23,6%, guidato da uova (+27,1%), latte (+26,0%), carni (+21,8%), miele (+6,7%).

Su tutti questi valori ha giocato un ruolo decisivo la dinamica dei prezzi, collegata ovviamente all’inflazione. Il Crea ha ricordato come nel 2022 i prezzi dei prodotti agricoli venduti siano aumentati del 17,7%, con una punta del 24,3% per il comparto animali e derivati, e un rilevante 16,7% per i vegetali. In questo conteso il fenomeno inflattivo ha riguardato i prezzi dei principali beni intermedi acquistati dalle imprese agricole, con un balzo rispetto al 2021 del 23,5%. Particolarmente incisiva l’incidenza dei prezzi dei concimi (+63,4%), dell’energia (+49,7%), dei mangimi (+25,1%).

Non si è arrestata la diminuzione delle imprese agricole attive, con un’ulteriore contrazione dell’1,6%, a fronte della crescita delle società (+2,4%) e della riduzione delle imprese individuali (-2,2%). Sicilia, Campania ed Emilia Romagna concentrano – sottolinea Crea – il 46% delle imprese agricole attive in Italia nel 2022. In decremento anche le imprese dell’industria alimentare e delle bevande, con un -2,1%, e contestualmente si sono rafforzate le società di capitali mentre si sono ridotte quelle di persone. Sicilia, Campania, Puglia, Lombardia ed Emilia Romagna rappresentano da sole il 51,9% delle aziende del settore alimentare. Il 60,6% delle imprese del settore bevande è invece garantito da Campania, Puglia, Sicilia, Veneto, Piemonte e Lombardia. La diversificazione continua ad essere un obiettivo primario del mondo agricolo: nel 2022 ha significato 13,79 mld di euro, con una crescita dell’agriturismo del 30,5%, e del 16,6% delle energie rinnovabili.

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Nel 2022 il sostegno pubblico in agricoltura ha raggiunto quota 12 miliardi, pari al 32% del valore aggiunto agricolo. Il 66,7% di questo apporto è stato assicurato da risorse provenienti dalla Ue (cosiddette comunitarie), il 18,3% dallo Stato, il 15% dalle Regioni. Chiudiamo questa breve sintesi con un accenno di rilevanza strategica alla bilancia agroalimentare 2022, così descritta dall’Annuario Crea: 59,4 miliardi di euro di esportazioni, pari al 16,0% in più rispetto al 2021. Le importazioni sono aumentate a 62,9 mld di euro, con un incremento del 23,9%. Saldo negativo, quindi, di 3,5 miliardi. Una ragione in più questa, per sostenere politiche di rafforzamento del tessuto agricolo nazionale, dando voce anche alle preoccupazioni emerse dalla protesta dei trattori. Leader nell’ambito degli scambi commerciali è stata la Lombardia che ha garantito il 16,6% dell’export, ma al contempo il 23,8% dell’import. Crea ha messo in evidenza come in Calabria il commercio totale sia trainato dall’agroalimentare, con un’incidenza sul totale pari al 52% per l’export e al 31,3% per l’import. Sarebbe assurdo e pericoloso, per varie ragioni, che l’Italia non immaginasse di irrobustire, in ogni ambito, la propria dimensione agricola, essendo peraltro punto di riferimento globale per il buon cibo e per i prodotti d’eccellenza, diventando sempre più dipendente dall’importazione di materie prime e cibo dall’estero, e in particolare dai Paesi extra-Ue dove, peraltro, non vengono rispettate le stringenti norme comunitarie sulla sicurezza alimentare.