«Secondo me tra l’Italia e il resto d’Europa ci sono almeno 10 anni di differenza e per inseguire il mio sogno, e soprattutto imparare il più possibile, ho deciso di andare all’estero». Giovanni Pupo è un digital marketing strategist, ha 26 anni ed è un professionista del web, una figura nuova nata negli ultimi 20 anni, fondamentale in qualsiasi tipologia di business. Da Montepaone, nel catanzarese, si trasferisce dapprima a Roma dove consegue la laurea triennale in economia e la magistrale in marketing alla Luiss contestualmente ad alcune esperienze lavorative che lo portano a spostarsi in Olanda fino ad inserirsi poi definitivamente nel mondo del lavoro a Londra. «Io lavoro in un’agenzia che si chiama Omnicom – racconta -, è il secondo gruppo americano più grande al mondo di advertising, pubblicità a pagamento, e ha una delle sedi centrali è Londra. Mi occupo di tutto ciò che è presenza online di un brand, di una società, di e-commerce, di tutto ciò di cui ha bisogno un’azienda in tema di marketing e vendita online».

La voglia di realizzarsi

La storia di Giovanni è quella di tanti altri giovani che hanno lasciato l’Italia con un mix di ambizione e aspirazioni per poter raggiungere il loro obiettivo, penalizzati dalla mancanza di opportunità concrete. «Secondo me questo accade in qualsiasi ambito ma nel digital marketing è ancora più evidente. Quello che manca sono le strutture, le realtà aziendali che in questo settore da noi sono poche o nulle. L’università che mi ha formato credo sia una buona realtà perché mi ha dato la possibilità di assistere a importanti meeting e di vivere situazioni che hanno inciso sulla mia preparazione. Però mi sono reso subito conto che appena esci dall’università ti trovi un po’ smarrito perché c’è un grande gap tra l’università e il lavoro.

 

Cosa che ovviamente la maggior parte degli atenei cercano di colmare ma, come accade soprattutto nel mio ambito, il digital marketing, c’è un grosso divario tra teoria e pratica. E al giorno d’oggi è ancora difficile trovare un corso di studi in Italia che ti formi al 100% in questo settore. Io ho deciso di uscire dall’Italia perché le nostre realtà nel 2020 non rispecchiano ciò che dovrebbero essere in Europa. Ho sentito quindi l’esigenza dapprima di andare via dalla Calabria per poi lasciare anche l’Italia che da questo punto di vista mi andava un po’ stretta».

Il progetto di Giovanni

Nonostante le circostanze lo abbiano portato lontano dalla sua terra e consapevole dei limiti con i quali gli appassionati del digital marketing devono scontrarsi, Giovanni, che negli ultimi mesi sta lavorando in smart working ed è riuscito finalmente a tornare a casa dalla sua famiglia, durante il lockdown ha sviluppato un progetto che gli consente di trasferire le competenze acquisite a chi come lui sogna di diventare un professionista del web attraverso un magazine online e un profilo instagram. «Mentre lavoravo a Londra ho sempre pensato di voler condividere e raccontare il mio percorso sia di studi che professionale e rendere accessibile ai miei coetanei  tutto ciò che credo possa servire a uno studente, ma anche a un professionista, che si approccia a questo mondo.

 

L’idea l’ho avuta prima della pandemia ma il grande imput c'è stato durante il lockdown quando sono rimasto chiuso in casa per diversi mesi. In quel periodo abbiamo quindi creato un sito web,  ppcmarketing.it  che sta per “pay per click”, il modello di business di digital marketing nato con google quando ha iniziato a far vedere delle pubblicità sul suo motore di ricerca e sui suoi siti partner. Allora ho raccolto in italiano tutta la teoria che ogni giorno imparo sul campo per renderla fruibile a coloro che sono davvero interessati, studenti e lavoratori, e ho inserito anche delle lezioni di pratica. Poi ho trasferito questo concept anche sul mio profilo instagram dove condivido vere e proprie pillole, provando ad essere più didattico possibile perché il mio intento non è fare marketing sul marketing ma contribuire a colmare il gap che c’è tra le università e le aziende».

L'Italia e la digitalizzazione

Il vero problema secondo il giovane professionista è il ritardo dell’Italia sulla digitalizzazione: «Siamo sempre stati indietro sullo sviluppo tecnologico nonostante non ci manchi la tecnica, lo dimostra il fatto che gli italiani davvero bravi vanno fuori e contribuiscono allo sviluppo degli altri Pesi. Secondo me con il covid si è reso palese il fatto che in Italia non c’è una digitalizzazione che può reggere un’economia del genere e se all’estero è possibile fare business stando a casa, da noi questo processo sta arrivando in ritardo. Bisogna capire che la tecnologia non è un nemico ma un compagno di viaggio che se utilizzato bene ti aiuta ad arrivare dove non avresti mai pensato».   

Un cervello in fuga

Alla domanda se si sente un cervello in fuga, Giovanni risponde così: «in fuga certamente sì, cervello non sono sicuro – dice con modestia  -. Una cosa è certa, la mia situazione è quella di tantissimi giovani, anche miei amici, che pur avendo studiato in Calabria e amando la loro terra, sono stati poi costretti a scappare per una serie di motivi. Io ad esempio mi sono ritrovato a gestire campagne pubblicitarie per l'Italia da Londra. Questo non perché nel nostro paese manchino le conoscenze, nonostante i nostri ritardi, ma perché i grandi gruppi tendono a fare economia di scala all’estero. Veniamo “utilizzati” fuori  e la cosa più triste è che lo Stato italiano investe su di noi: impariamo a leggere e a scrivere in Italia, impariamo tutto quello che serve, però poi lo utilizziamo fuori: il Paese ci forma e poi noi andiamo a creare pil, ad accrescere la ricchezza in altri paesi.

Un messaggio di fiducia

La speranza di Giovanni è che l’Italia possa essere un paese non solo per vecchi ma per giovani e che quindi «tutte le persone che si trovano nella mia stessa situazione possano tornare in Italia affinché diventi la nostra Inghilterra. Dobbiamo anche riconoscere che l’italiano all’estero è molto bravo e siamo un esempio in tutto il mondo. Il problema è che l’italiano in Italia tende ad “adattarsi alla stanza in cui si trova”. Il mio vuole essere un messaggio di fiducia ai giovani che hanno voglia di imparare e purtroppo devono farlo fuori per poi tornare qui e ripartire dagli errori dei nostri avi».