VIDEO | Dopo il blocco delle attività a causa dell’emergenza coronavirus, le commesse sono state annullate ma le aziende hanno dovuto continuare a pagare le tasse. Il vicepresidente nazionale dell’Aicap, Giuseppe Strippoli, ha illustrato gli interventi chiesti al Governo per uscire dalla crisi
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Rischia il collasso il comparto pubblicitario: affissioni, cartellonistica, grafici, stamperie, agenzie di comunicazione e tutta una serie di figure professionali che ruotano attorno al complesso e variegato mondo della pubblicità.
Una crisi causata dall’emergenza sanitaria che ha portato alla chiusura di tutte le attività e, di conseguenza, al crollo di tutto l’indotto che queste aziende creano nel loro settore.
Oltre al danno la beffa, poiché le commesse sono andate perse, ma i tributi da pagare sono rimasti. Spese che gli imprenditori chiedono di sospendere sino alla ripartenza effettiva di questo settore, che viene stimata intorno alla fine del prossimo mese di settembre.
Il parere dell’Aicap
Secondo il vice presidente dell’Aicap Confesercenti - Associazione aziende italiane cartelli e arredi pubblicitari), Giuseppe Strippoli, «il nostro settore è ormai fermo da mesi, da quando il governo ha dichiarato di voler chiudere tutte le attività produttive e soprattutto quelle aperte al pubblico, quindi tutte le commesse che avevamo in corso di esecuzione sono state annullate dai clienti».
Il danno economico
«Gli effetti catastrofici di tale situazione – ha spiegato Strippoli - si riverberano sul fatturato del primo semestre 2020, che viene stimato, già da oggi, inferiore del 90% rispetto a quello dello stesso periodo del 2019. Si consideri, inoltre, che quando anche si consentisse la riapertura, a partire dal primo di giugno, di tutte le attività, comprese quelle al dettaglio, i tempi tecnici per pianificare l’esecuzione delle campagne affissive sono di almeno due mesi. Ne deriva che il comparto non potrà operare a regime prima del 30 di settembre».
«Il paradosso che emerge dalla surreale situazione venutasi a creare – ha sottolineato - è che le imprese di pubblicità dovranno continuare a versare imposte, tasse e canoni gravanti sugli impianti, nonostante il fermo imposto per legge.
Infatti, l’imposta Comunale sulla Pubblicità, secondo legge, deve essere versata su base annua, a prescindere dall’esposizione o meno dei messaggi pubblicitari sull’impianto gravato. E ciò, giusto per ribadire, nella misura di circa il 30 per cento del fatturato potenziale dell’impianto; fatturato che, nell’anno 2020, stante il blocco ancora in atto, non raggiungerà neppure l’importo dell’imposta da versare».
Le proposte al Governo
L’Associazione ha chiesto al Governo di adottare dei provvedimenti per introdurre «una franchigia per tutto il periodo di inattività degli impianti, stimati in sei mesi, poichè il blocco dell’attività ha fatto venir meno il presupposto del tributo». Inoltre, è stato chiesto al Governo l’introduzione di una misura che riconoscesse il credito di imposta agli investitori nella pubblicità esterna, per consentire anche il piccolo artigiano o commerciante di avere l’occasione di rilanciare la propria attività con investimenti mirati, ed in ambiti ristretti, a prezzi accessibili, così come solo il cartello stradale può assicurare» Infine, l’associazione ha chiesto «un credito d’imposta per il mantenimento del patrimonio impiantistico aziendale che, diversamente, verrebbe dismesso, laddove l’impianto dovesse risultare improduttivo e fonte di gravame tributario».
Richieste disattese
Tutte richieste sono ad oggi rimaste disattese, «dietro la motivazione della mancanza della copertura finanziaria delle proposte. Il Governo – ha spiegato il vice presidente dell’Aicap - non tiene conto, però, che, così, tantissime aziende saranno costrette a rimuovere i propri impianti per mancanza di risorse necessarie a che gli stessi tornino produttivi, con la conseguenza dell’impoverimento del settore e la riduzione inevitabile degli introiti tributari da parte degli enti locali».
«La nostra associazione si è rivolta al Governo, - ha concluso Strippoli - facendo leva sulla dichiarazione ad effetto resa dal presidente Conte del “Nessuno resterà solo”, segnalando che il settore è da troppo tempo escluso da ogni forma agevolativa ed ora non può, ancora una volta, essere considerato “figlio di un Dio minore”, a vantaggio di tante altre categorie che invece hanno ricevuto maggiori solidarietà e considerazione».