VIDEO | Per il secondo anno salta l'appuntamento che per il settore ha sempre rappresentato l'avvio della stagione. Nella Sila cosentina è crisi nera: «In cinque mesi abbiamo lavorato due giorni». Ma l'ottimismo non manca: «Supereremo anche questa» (ASCOLTA L'AUDIO)
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Aiuole deserte, tavoli vuoti, morale sotto i tacchi. Un anno dopo l'inizio della pandemia, la storia si ripete, aggravata questa volta, dal numero di contagi in aumento nel cuore della terza ondata.
Attività in sofferenza
Come quello del 2020, anche questo weekend di Pasqua è andato. Con buona pace dei titolari di agriturismi per i quali l'arrivo della Resurrezione è un po' l'inizio della stagione, con la banchettistica alimentata da comunioni e cresime, le gite fuori porta sotto il sole di primavera, l'allegria delle domeniche in campagna. A Lagarò di Celico, nella Sila cosentina, le aziende agricole riconvertite sono numerose e tutte gravemente in sofferenza.
L'incertezza del futuro
«L'anno scorso avevamo la speranza di superare al più presto il momento critico - spiega Antonella Greco, titolare dell'Agriturismo 4 Stelle - E in effetti l'arrivo dei mesi estivi ci aveva ridato fiato e fiducia. Poi però le cose sono andate di nuovo male. Ed abbiamo perso sia la stagione invernale, sia festività importanti come Natale e, appunto, Pasqua. E all'orizzonte il quadro è a tinte fosche. Probabilmente non ci sarà spazio per riprendere l'attività né per il 25 aprile, né per il primo maggio».
Due giorni di lavoro in cinque mesi
Da queste parti non si vede un cliente da settimane: «Abbiamo lavorato - dice ancora Antonella Greco - la prima domenica di dicembre e una sola domenica a febbraio. Insomma l'Italia sarà a anche a colori, dal giallo, all'arancione, al rosso. Ma l'unico che riesco a vedere io è il grigio, tendente al nero. Visti gli spazi aperti ed isolati in cui operiamo, speravamo di poter rientrare in una specifica categoria regolamentata diversamente e con meno restrizioni rispetto ad alberghi e ristoranti. Di fatto - aggiunge - potremmo ricevere clienti nelle nostre poche camere e preparare loro da mangiare. Ma qui si viene solo per turismo il che non è contemplato tra gli spostamenti possibili».
Turismo bloccato
Eppure il telefono non ha mai smesso di squillare nell'ultima settimana. Perché molte persone avevano intenzione di trascorrere il periodo pasquale in un'oasi tranquilla, incontaminata, solitaria. Un modo come un altro di evadere dalla routine quotidiana. Ma questo non è un valido motivo di necessità tale da poter infrangere il divieto in vigore, di spostarsi da un comune all'altro.
Il fondo del barile
I costi invece lievitano giorno dopo giorno. E gli imprenditori sono ormai costretti a raschiare il fondo del barile e ad utilizzare gli ultimi risparmi disponibili per mantenere in piedi la propria azienda. Infatti il bestiame continua ad aver bisogno di essere nutrito ed accudito, la terra va lavorata, le piante curate. Non si può chiedere ad una mucca di non dare il latte. E quel latte deve diventare formaggio anche se poi non si riesce a vendere. Perché se da una parte agli agriturismi è consentito lo spaccio dei propri prodotti alimentari, in queste aree periferiche lo smercio è inevitabilmente legato alla frequentazione delle camere e del ristorante: «Quindi siamo anche alle prese con tanto invenduto».
Sempre ottimisti
Pessime notizie anche sul fronte dei ristori, non pervenuti o insufficienti laddove siano stati liquidati. Nonostante tutto non si cede allo sconforto: «Gli agricoltori sono sempre ottimisti. Questo lavoro per noi è passione. Bisogna essere ottimisti per il futuro dei nostri figli. Abbiamo una tempra diversa, una determinazione straordinaria. Siamo abituati a fronteggiare le intemperie. Certo, una pandemia non ce la saremmo mai aspettati, ma supereremo anche questa».