VIDEO | Manifestazione davanti Palazzo dei Bruzi: «La riapertura è carica di incognite, non abbiamo risorse per fronteggiare il pagamento di stipendi, tasse e bollette mentre gli aiuti promessi dallo Stato non sono mai arrivati»
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L'iniziativa di protesta organizzata a Cosenza da ristoratori e titolari di pubblici esercizi, è stata preceduta dall'affissione, all'ingresso di Palazzo dei Bruzi, di alcuni cartelli listati a lutto, recanti il simbolo del movimento Calabria Prima di Tutto, in cui il gruppo si identifica.
Affluenza scarsa
Pochi i manifestanti, appena una ventina: molti hanno preferito dedicarsi alle operazioni di ripresa delle proprie attività. I presenti si sono comunque detti determinati a catturare l'attenzione delle istituzioni sulle tante problematiche della nuova fase appena avviata.
Tante incognite
La riapertura spaventa: i ricavi non potranno essere quelli del periodo precedente allo scoppio dell'epidemia, mentre le spese sono addirittura destinate a subire una variazione al rialzo, considerati i diversi adempimenti strutturali cui bisogna sottostare.
Misure impossibili
La delusione scaturisce anche dalle difficoltà di accedere alle misure palliative disposte dal governo, soprattutto quelle del decreto liquidità, con molte aziende che si sono viste rifiutare dalle banche, il prestito garantito dallo Stato. Un paradosso: il sostegno è pensato per le imprese in crisi, ma non viene erogato laddove queste stesse criticità emergono.
Fondo perduto dalla Regione
Un rischio che la Regione intende evitare. Per questo, secondo alcune indiscrezioni, nel bando di prossima pubblicazione relativo alla concessione di duemila euro a fondo perduto, sono stati elimitati molti paletti, soprattutto quello più temuto della regolarità del Durc. Snellire le procedure burocratiche è la parola d'ordine.
Dialogo in Comune
Una delegazione è stata ricevuta dal sindaco Mario Occhiuto e dall'assessore alle attività produttive Loredana Pastore: «Ripartire da zero non è semplice - dicono i manifestanti - Abbiamo bisogno di aiuto perché dopo due mesi di chiusura non siamo nelle condizioni di pagare utenze e tributi. Ci servono soldi e concretezza, tenendo presente che ad oggi, di tutte le cifre di cui parlano i nostri governanti nazionali e locali, nelle nostre tasche non è arrivato un euro. E neppure nelle tasche dei nostri collaboratori che attendono ancora di ricevere la cassa integrazione».