I devastanti branchi di cinghiali che ormai da messi tengono sotto assedio la Calabria sono arrivati anche sulle colline del basso Jonio cosentino creando sfacelo nei fondi agricoli. A Cariati, Terravecchia e Scala Coeli nelle notti scorse sono stati distrutti decine di ettari di vigneti e uliveti, cultivar di pregio dell’intera area grecanica. E a rischio attacco da parte dei facoceri, rimangono anche gli allevamenti ovini e bovini della zona.

Le tre teorie dell’invasione

Una situazione, dicevamo, comune a diverse aree della nostra regione e che oggi si sta diffondendo a macchia d’olio dal Pollino fino allo stretto. Le teorie che accompagnano quella che a tutti gli effetti è un’invasione di facoceri sono tante. E queste spaziano dal ripopolamento dei branchi di lupi che stanno ritornando a vivere in numero maggiore sulle alture della Calabria e la loro presenza spinge le sus scrofa a spingersi nelle aree più a valle; alla complicità degli stessi cacciatori di cinghiali che nelle loro battute non caccerebbero più gli esemplari adulti ma solo parte dei lattanti proprio per incentivarne la proliferazione; per finire, addirittura, ad un’altra teoria - più antiglobalista - che ricondurrebbe la causa dell’invasione dei cinghiali nientemeno che ai cambiamenti climatici. Pare infatti che le mutate condizioni meteorologiche non favorirebbero la selezione naturale; e mentre prima parte degli animali morivano perché non riuscivano a sopravvivere oggi riuscirebbero tutti (o quasi) a superare le stagioni.

Coldiretti: «In Calabria si contano oltre 300mila esemplari»

Sarà. Sta di fatto, però, che una specie che fino a qualche anno fa rischiava addirittura di andare verso l’estinzione oggi prolifera a più non posso. E i dati di Coldiretti Calabria sono sconcertanti. «Dai dati che abbiamo raccolto – ha detto Gino Vulcano, segretario di zona Coldiretti nello Jonio cosentino – in Calabria quest’inverno c’erano all’incirca 300mila cinghiali. Se si pensa che è una specie che prolifera facilmente, se è posta nelle giuste condizioni come quelle che oggi sussistono nella nostra regione, contiamo che in questo momento la popolazione della sus scrofa possa essere raddoppiata se non addirittura triplicata». Insomma, in Calabria ci sarebbero quasi un milione di cinghiali a piede libero! Una quotazione probabilmente a rialzo quella di Coldiretti ma che comunque non scalfisce quella che è la natura del problema. Questi animali stanno iniziando a creare seri problemi all’agricoltura e alla popolazione.

Nel basso Jonio cosentino a rischio vigneti e uliveti

E quello che ci hanno raccontato alcuni agricoltori di Cariati è la cartina di tornasole di un quadro allarmante. «Quest’anno – racconta Pasquale Caruso, produttore oliviticoltore – non potremo produrre vino. Nella notti precedenti alla vendemmia un branco di cinghiali ha praticamente distrutto una vigna di qualità Gaglioppo, di tre ettari, dalla quale siamo riusciti a raccogliere solo 11 cassette d’uva (150 litri scarsi di vino, ndr)». E dalle vigne agli uliveti il passo è breve. Già, perché, i selvaggi facoceri sono ghiotti d’uva e frutta ma anche degli organismi che vivono sotto le cortecce degli ulivi. È così che per scorticare gli alberi e fare razzia di vermi, formiche e altri piccoli insetti, distruggono anche la  linfa delle piante. «Inoltre – aggiunge Luigi Caruso, un altro imprenditore agricolo che ormai quotidianamente subisce le incursioni “cingialesche” nelle sue proprietà – ci sono i verri che marcano il territorio e con le zanne segnano gli alberi, distruggendoli. In più negli uliveti secolari, quelli che hanno più resistenza all’attacco degli animali, abbiamo difficoltà a posizionare le reti per la raccolta delle olive. E siamo costretti ogni giorno a montarle e smontarle per evitare le razzie notturne».

Quale soluzione? «L’abbattimento»

Cosa si può fare, allora, per arginare il problema? «L’unica soluzione – dice il commissario straordinario dell’Ambito territoriale di Caccia Cosenza 2, Tullio Capalboè l’abbattimento». Che tra l’altro non è semplice come si crede. «Perché ci sono troppi esemplari». «Nel frattempo – aggiunge – aumentano le richieste di risarcimento danni che ogni giorno provengono da ogni parte del territorio».