Se la crisi energetica si è già materializzata – sotto la forma di bollette monstre – alle aziende produttive nell’ultimo scorcio d’estate, per le famiglie l’aumento dei prezzi nel carrello della spesa si farà sentire tra settembre e ottobre. È infatti in autunno – e soprattutto già a settembre – che le catene della grande distribuzione inizieranno a riadeguare i listini ribaltando la spesa del gas sul consumatore finale.

«Dall’inizio dell’anno abbiamo subito già quattro aumenti di listino» spiega Gino Noto, direttore commerciale del gruppo Az. «A settembre si prevede un altro sostanziale aumento. Noi come azienda, ma credo anche qualche altra, non ha riversato tutto l’aumento di listino ma è evidente che questa situazione non può protrarsi in eterno. Prima o poi anche noi saremo costretti ad allinearci agli aumenti di listino che abbiamo subito da parte dell’industria. Credo che avremo un autunno e un inverno molto rigido, da tutti i punti di vista».

L’aumento dei prezzi nel carrello della spesa sarà generalizzato, ma il prezzo di alcuni prodotti in particolare subiranno lievitazioni: «I prodotti principali sono quelli da forno – prosegue ancora il direttore commerciale -. È chiaro che questi articoli sono quelli che stanno subendo maggiori costi e poi tutto ciò che riguarda il latte. Oggi il prodotto fresco supera anche un euro o un euro e cinquanta centesimi mentre prima era su una base di un euro o al massimo un euro e dieci».

A conti fatti però questi aumenti riguardano solo i costi sostenuti dalle aziende produttrici che aggiornano i listini alle grandi catene di distribuzione: «A questo si dovranno aggiungere i costi energetici sostenuti dalla distribuzione che, almeno per quel che ci riguarda, non abbiamo ancora ribaltato. Un supermercato non consuma solo la luce ma ci sono celle frigorifere, banchi frigo e aria condizionata che assorbono moltissima energia elettrica. Per quel che riguarda il costo della bolletta si è quadruplicato. È evidente che questo maggiore prima o dopo dovrà essere riversato sul consumo».

«E questo credo – prosegue Noto – porterò anche ad una contrazione del consumo perché il potere d’acquisto del cliente in genere non è aumentato. Se ad esempio aveva 1.000 euro da spendere in prodotto alimentare e ieri riusciva a comprare 100 chili di merce, adesso ne potrà comprare 90 probabilmente spendendo sempre 1.000 euro e questo sta già avvenendo».