Il Vecchio Amaro del Capo leader assoluto con il 38,3% del mercato nazionale, staccando di molto concorrenti blasonati. Quel tunnel “ghiacciato” all’Aeroporto Internazionale di Lamezia Terme, simbolo di una regione che sa anche lavorare sodo
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Calabria terra amara? Sì, ma perché ha il record nazionale di vendite di amari, conquistato superando concorrenti blasonati e agguerriti. Il primato acquisito sul piano nazionale, segnato da una clamorosa quota vicina al 45%, è ormai difficilmente scalabile. Leader incontrastato, com’è facile intuire, il Vecchio Amaro del Capo prodotto nello stabilimento Caffo di Limbadi (Vibo Valentia). Ne abbiamo discusso con Sebastiano Caffo, detto Nuccio, ormai da anni alla guida dell’omonimo prestigioso gruppo, che ci ha fornito, dietro nostra specifica richiesta, informazioni molto utili. Nel dicembre 2023 (fonte Circana, tanto autorevole quanto basata su dati certi) il Vecchio Amaro del Capo ha venduto nella Gdo e nella Do 37,7 bottiglie su 100 cui vanno sommate le performance del Vecchio Amaro del Capo Red Hot e del Riserva, per giungere a valore davvero considerevole del 38,3% del mercato del Belpaese fatto di mille campanili, gusti, esigenze.
La distanza segnata dal prodotto di punta della Caffo rispetto ad altre storiche "bottiglie" quali, in ordine decrescente, Montenegro, Jagermeister, Averna e Lucano, è profonda: rispettivamente +23,3, +29,1, +31,5, + 32,5 punti percentuali, il che significa un posizionamento, in termini di acquisti da parte dei consumatori nella distribuzione organizzata, che va da quasi il triplo a oltre sei volte. Il primo posto incontrastato del Vecchio Amaro del Capo è coronato dal 12mo della versione Red Hot e dal 34mo del Riserva. Se a questi risultati, che pongono l’azienda calabrese ai vertici del comparto in Italia, si aggiungono quelli ottenuti da etichette recentemente acquisite quali San Marzano (14mo con lo 0,8% ottenuto tra gli scaffali della grande distribuzione) e Petrus Boonekamp (16mo con lo 0,6%), si giunge a un sonoro 39,7%.
Ci sono altri amari Made in Calabria, quali Silano, Kaciuto, Kephas, Calabrisella… che, con diverso posizionamento, assicurano (parliamo sempre di dati relativi al dicembre 2023) un altro 3,5%, per cui il totale generale sale fino al 43,3%. Un primato che, al di là degli aspetti economici rilevanti che ne derivano, dà lustro e immagine a una regione abituata, per tutta un’altra serie di indicatori, a svolgere la funzione della Cenerentola o quasi. Non apriamo in questa sede la discussione relativa all’autentica calabresità di tutti gli amari che rivendicano un rapporto più o meno diretto con questa regione, ma che magari sono prodotti in altri territori, come peraltro è facile desumere da uno studio attento delle relative etichette. È da valutare, anche in maniera soggettiva, se l’appellativo di “calabresità” spetti solo agli amari che nascono in stabilimenti residenti in ambito regionale, o anche a quelli ideati, concepiti e commercializzati a partire dalla Calabria ma realizzati e imbottigliati altrove.
Comunque la si voglia pensare, se si parla di amari la Calabria comanda senza alcun dubbio la graduatoria nazionale, così come il Veneto, ad esempio, fa con il prosecco. Il 91,69% di questo straordinario successo forse finora sottovalutato, è da ascrivere alla Caffo. Il gruppo vibonese, peraltro diversificando molto la propria produzione con distillati, birra, liquirizia e un ampio spettro di liquori, ha superato da tempo i confini italici ed ha conquistato notevoli successi anche all’estero, a partire dagli Stati Uniti e dalla Germania dove operano apposite società controllate. Un fiore all’occhiello, è corretto e doveroso dirlo, dell’imprenditoria calabrese che ha saputo guardare alla qualità e a un mercato dominato da veri e propri colossi. Si pensi che il Vecchio Amaro del Capo ha una distribuzione ponderata (DP) pari a 99 su 100, il che significa che è stato rilevato praticamente in tutti i punti vendita italiani di Gdo e Do: competitor molto conosciuti possono vantare risultati inferiori anche di diversi punti percentuali.
Gli amari calabresi hanno saputo farsi strada fra specialità apprezzate, radicate e promosse: oltre a quelle citate, che occupano i primi cinque posti della graduatoria menzionata, si pensi anche all’Unicum, al Braulio, al Cynar, al Ramazzotti ed a quelli con specifica connotazione regionale. Un successo, quindi, che inorgoglisce doppiamente perché ha saputo emergere e consolidarsi in un mondo già presidiato da marchi di sicuro successo e fama.
Non è un caso che uno dei tunnel d’ingresso all’Aeroporto internazionale di Lamezia Terme guidi i viaggiatori nell’atmosfera “ghiacciata” del Vecchio Amaro del Capo, a ricordare, al di là delle specifiche esigenze di marketing, che una parte della Calabria è riuscita, tra tanti ritardi e delusioni, a farsi valere puntando su lavoro, determinazione, intelligenza. Un esempio da imitare e che meritava un’adeguata sottolineatura.