L’indice di competitività europeo rilevato da Eurostat non solo conferma la performance negativa della regione nei settori più “economici”, ma sottolinea anche la scarsa qualità degli Enti locali e di una burocrazia inconcludente che soffoca ogni reale prospettiva di cambiamento e crescita
Tutti gli articoli di Economia e lavoro
PHOTO
Un abisso. Scuro e insondabile, nel quale ogni tanto balenano i lampi delle inchieste giudiziarie, che non riescono però a portare la luce, anzi. Quei bagliori improvvisi servono solo a illuminare brevemente la profondità di quel baratro e le creature brulicanti che ci vivono. La Calabria di fine 2019 è ancora questo, senza che all’orizzonte si intraveda nessun reale cambiamento. Corruzione pubblica e ‘ndrangheta continuano a dominare la quotidianità calabrese, innovazione e progresso restano oltre i confini della (nostra) realtà. Non servirebbero statistiche per confermare questo, basterebbero le percezioni che avverte ogni calabrese di buona volontà.
Ma i numeri hanno il potere di rendere tutto più solido e veritiero, anche la disperazione. Così, spulciando European Regional Competitiveness Index, l’ultimo report della Commissione europea, a cura di Eurostat, sull’indice di competitività dei Paesi Ue, si scopre che l’ultimo posto della Calabria non solo viene confermato, ma quasi risalta più della vetta della classifica, tanto è clamorosa la profondità dell’abisso, un po’ come mettere a confronto la cima dell’Everest, che spicca sullo sfondo di un cielo blu cobalto, e il fondo della Fossa delle Marianne, quasi impossibile da esplorare.
Una Pa fallimentare
Nel rapporto stilato da Eurostat, ci sono varie voci. Una di queste riguarda la capacità competitiva in relazione alla qualità dell’Amministrazione pubblica e delle istituzioni, che più sono inefficienti, corrotte, appesantite da una burocrazia inconcludente, tanto minore sarà l’indice di competitività, cioè la capacità di un territorio di attirare investimenti privati e di crescere dal punto di vista socio-economico.
Con riferimento alla cosa pubblica, dunque, su una scala da 1 a 100 - secondo quanto rilevato dal Sole 24 Ore -, la Calabria si mette in tasca appena 5,08 punti. Ed è qui che risalta in tutta la sua evidenza il fallimento epocale di una classe dirigente immutabile e cristallizzata nella conservazione del potere.
Le due regioni confinanti, Sicilia e Basilicata, nonostante siano attestate comunque in fondo alla classifica europea, fanno molto meglio, con rispettivamente 12,93 e 11,56 punti. Più del doppio della Calabria, rispetto alla quale davvero poche regioni (in prevalenza quelle dell’ex Patto di Varsavia) riescono a fare peggio, a fronte di un punteggio medio in Europa pari a 49,5.
La Calabria affonda e l'Italia arranca
E non consola certo constatare che tutta l’Italia si attesta comunque sotto la media Ue, con un punteggio delle aree più performanti, quelle di Trento e Bolzano, che rimediano 27,56 punti. Come dire, ad ognuno il proprio baratro, se si considera la distanza siderale che separa le italiane “migliori” con la cima della classifica europea, occupata dalle Isole Åland, una provincia indipendente finlandese, che fa registrare il punteggio pieno di 100. Insomma, tutto è relativo, perché Trento e Bolzano appaiono lontane come Marte da qua giù, dove non passa giorno senza che una nuova tempesta giudiziaria non squarci per un attimo il buio, rendendolo poi, inevitabilmente, più tetro quando la luce torna ad affievolirsi.
Andando indietro con lo zoom per allargare il quadro alla classifica della competitività territoriale nel suo complesso, quindi non riferita soltanto alla scarsa qualità della Pa, la Calabria resta comunque in fondo alla classifica, occupando la posizione numero 244 sul totale di 268, con un indice di competitività negativo pari a -1,11 che la pone all’ultimo posto in Italia, preceduta dalla Sicilia con il suo indice di -1,9.
Cifre che, purtroppo, confermano quello che già sappiamo, perché lo vediamo ogni giorno con i nostri occhi e negli occhi dei nostri figli costretti, alle soglie del secondo decennio del XXI secolo, ad emigrare come i loro bisnonni.
degirolamo@lactv.it