C’era una vecchia serie tv Sky, Gli Sgommati, in cui un Mario Monti versione pupazzo e la sua maggioranza giustificavano ogni decisione con il ritornello “Ce lo chiede l’Europa”. Stavolta, però, la richiesta dell’Europa può avere conseguenze pesantissime sul futuro del Porto di Gioia Tauro e dell’economia dell’intera regione.

Si chiama ETS, Emission Trading System, ed è un meccanismo per regolare le emissioni inquinanti da parte delle aziende: immaginate una sorta di piazza di scambio delle emissioni, in cui le aziende possono riceverle e cederle in base a quanto inquinano. Nel gennaio del 2023 l’Unione Europea ha deciso che questo meccanismo deve essere applicato anche alle grandi navi transnazionali, e la modifica potrebbe portare alla chiusura del Porto di Gioia Tauro, poiché meno competitivo dei porti africani che si affacciano sul Mediterraneo.

ETS, cos’è e come funziona il meccanismo che fa paura a Gioia Tauro

Ma andiamo a vedere come funziona l'ETS. Ogni anno la Commissione Europea assegna ad ogni azienda responsabile di emissioni inquinanti una sorta di credito, che rappresenta le tonnellate di inquinanti di cui quell’azienda è responsabile e che non può sforare. Ovviamente non tutte le aziende restano in quei parametri, nel bene e nel male: c’è chi inquina di meno, e quindi ha tonnellate di emissioni da poter vendere sul mercato, e chi invece produrrà molte più tonnellate di inquinanti rispetto a quelle che ha a budget ed è quindi obbligato ad acquistarle.

Questo meccanismo, che serve tecnicamente per ridurre le emissioni e per cercare di spostare le aziende verso consumi più consapevoli, in realtà ha creato un enorme mercato mondiale delle emissioni, in cui chi è più virtuoso può far cassa vendendo le proprie quote a chi, per specifiche di mercato o proprio per limiti strutturali, quelle tonnellate limite non riesce a rispettarle.

A partire dal gennaio del 2024, secondo la road map del progetto “Fit for 55” (che punta a ridurre le emissioni del 55% rispetto al 1990), questa tassa entrerà in vigore anche per il trasporto marittimo, incluso quello intercontinentale, e dovrà essere pagata dalle compagnie di navigazione per tutte le navi con più di 5.000 tonnellate di stazza, ovvero tutte le grandi navi portacontainer.

ETS, come funziona la nuova tassa: al 100% per i porti europei, metà o nulla per quelli stranieri

Il meccanismo, che prevede compensazioni e regole molto particolari, può però essere riassunta in questo modo: per tutte le tratte tra porti interni all’Unione Europea la tassa è applicabile al 100%, a tariffa piena, mentre si riduce della metà se solo uno dei due porti (arrivo o partenza) è un porto europeo. Nessuna tassa, invece, è dovuta quando i porti di partenza e arrivo sono fuori dall’UE. E’ proprio questo il meccanismo che spaventa GIoia Tauro: in una simulazione preparata proprio dagli uffici dell’Autorità Portuale, i costi che dovrebbero affrontare le grandi navi in passaggio da Gioia Tauro sarebbero commercialmente superiori e quindi lo scalo sarebbe tagliato fuori dalle rotte commerciali di tutto il mondo, poiché perderebbe totalmente il suo vantaggio competitivo.

Le simulazioni realizzate spiegano concretamente il perché: passando da Gioia Tauro, una nave che arriva da Singapore e deve andare ad Anversa pagherebbe molto di più che, pur mantenendo Anversa come arrivo, facesse scalo a Port Said. Addirittura se una nave partisse dall’India per andare a New York e facesse scalo a Gioia Tauro dovrebbe affrontare i costi dell’ETS, mentre facendo scalo in un porto africano non dovrebbe pagare assolutamente nulla. Non basta essere degli esperti di economia per capire che una modifica di questo tipo taglierebbe immediatamente fuori Gioia Tauro dalle mappe della logistica mondiale, facendogli perdere quel ruolo di principale porto di trasbordo italiano.

Gioia Tauro, la grande paura di MSC e gli investimenti sul Porto che rischiano di saltare

Un provvedimento di questo tipo, tra le altre cose, renderebbe totalmente inutili tutti gli investimenti fatti per lo sviluppo del Porto di Gioia Tauro, suddivisi tra investimenti privati e fondi europei oltre ad avere ricadute pesantissime su un’economia fragile come quella calabrese. A Gioia Tauro lavorano 1600 portuali e circa 4000 lavoratori di indotto. Lo stesso Diego Aponte, di MSC, la scorsa settimana a Trieste secondo quanto riporta la rivista specializzata Shipping Italy ha lanciato l’allarme sulla norma: “Adesso stiamo facendo la dovuta azione di lobby - spiega Aponte - perché la norma, per come è stata annunciata, non va bene assolutamente per i porti europei e saremmo perdenti a tutti i livelli anche a livello di posti di lavoro. Secondo me è molto pericolosa questa situazione che ovviamente privilegerà tutti i porti tipo Tangeri e gli scali egiziani che toglieranno traffico a scali come Gioia Tauro a Sines in Portogallo, Pireo e tanti altri porti europei. Dunque penso anche la partita sia ancora aperta e noi ci batteremo fino alla fine”.

Gli occhi sono, adesso, tutti puntati sulle decisioni di Bruxelles e della Commissione Europea, che di tutto ha bisogno in questo momento tranne che dell’indebolimento dell’economia continentale e della perdita di competitività nel settore della logistica. Restano però pochi giorni per la presentazione degli emendamenti alla normativa: la deadline è quella del 18 settembre.

La proposta: esentare Gioia Tauro e i porti del Mediterraneo dalle tasse sullo scambio

Una soluzione, in realtà, è stata già prospettata dalla stessa Autorità Portuale di Gioia Tauro in una simulazione che, secondo Il Post, è stata realizzata in queste settimane e che ha un capitolo molto chiaro, dal titolo “Cosa significa perdere Gioia Tauro”. L’idea è quella di estendere anche ai porti del Mediterraneo le eccezioni previste per i porti del Nordafrica: far sì che, in un'ottica di equa concorrenza tra le parti, i porti di Gioia Tauro, di Sines in Portogallo, del Pireo e altre strutture che si affacciano nel Mediterraneo. Questa norma potrebbe però essere invece ostacolata dai grandi porti del Nord Europa, che rischierebbero così di vedersi tagliati fuori. Allo stesso modo, risulta difficile pensare che questa tassa possa essere estesa ai porti di Tangeri e Port Said, anche perché difficilmente le grandi aziende del trasporto internazionale accetterebbero di eliminare l’unica scappatoia attualmente possibile per evitare l’aumento dei costi. Insomma, un bel pasticcio che potrebbe togliere competitività all’unica vera eccellenza commerciale calabrese e che apre l’ennesimo fronte di lotta per il Governo nazionale e per i rappresentanti locali in Calabria e a Bruxelles.