Dallo smart working alla scuola via web, in più di anno di pandemia l'approccio al lavoro è profondamente cambiato. E intere categorie hanno pagato un prezzo altissimo
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*di Giovanni Nucera, Coordinamento Regionale Pd
Un Primo Maggio dopo un anno di pandemia. Veramente al peggio non c’è mai fine. In questo anno trascorso il dato che emerge con forza è il peggioramento della qualità della vita di un intero Pianeta.
L’impatto della pandemia sulla vita delle persone e sul lavoro è stato per certi aspetti totalmente destrutturante della loro quotidianità.
Dalla didattica a distanza, che ha cambiato la modalità di lavoro dell’insegnante, allo smart working, in Italia – come nel resto del mondo – assistiamo ad un profondo cambiamento dell’approccio al lavoro, che sempre di più rende invisibile la divisione del lavoro dalla vita privata, e con il rischio di un lavoro da casa senza limiti di tempo.
Questo sta già portando le aziende, che hanno capito che il lavoro on line abbassa i costi associati al dipendente, ad assumere personale che lavora in smart working con un salario stabilito in base al costo della vita dei Paesi di provenienza.
Non ci vuole grande immaginazione per capire cosa questo possa significare in termini di spostamento del lavoro in zone dove il suo prezzo è inferiore.
Intere categorie di lavoratori stanno pagando un prezzo altissimo in termini di impoverimento delle loro condizioni. La chiusura di molti esercizi ha e avrà sempre più conseguenze diverse per diversi settori.
A fronte dei guadagni del settore farmaceutico, di quello elettronico e informatico, assistiamo al crollo delle entrate della ristorazione, del turismo in generale e dell’indotto collegato: forniture alberghiere, materiali e prodotti per parrucchieri, lavanderie, forniture alimentari. Crolla anche il lavoro dei diversi professionisti di diverse categorie, i fotografi per esempio.
Non basteranno le temporanee riaperture per far davvero ripartire attività ferme da troppo tempo, e chi non ha margine finanziario rischia di chiudere presto nonostante gli aiuti messi in campo dai governi.
Le offerte di lavoro oggi sembrano riguardare tutti quegli ambiti necessari per fronteggiare l’emergenza nell’immediato: cassieri e responsabili di magazzino, presentati per lo più dalle catene della grande distribuzione, driver per le grandi catene di delivery. Ma anche ovviamente infermieri e operatori socio-sanitari, esperti di sistemi informatici, psicologi e tutor in grado di garantire una formazione scolastica via web, mentre altri mestieri e impieghi rischiano invece di essere spazzati via: agenti di viaggio, hostess, gli stagionali del turismo e gli animatori turistici, gestori di mense, tavole calde, dj, baristi, buttafuori, animatori, lavoratori dello spettacolo in presenza, gli operatori culturali, solo per citarne alcuni.
In questo cupo contesto, vale comunque la pena sottolineare il significato più vero del concetto del Lavoro, il quale dovrebbe essere un impiego, una occupazione che consenta all’individuo di realizzarsi, di perseguire le proprie aspirazioni, lasciando spazio sufficiente per la vita extra-lavorativa, senza saturarla con obblighi rimanenti e risultanti.
Nuove lotte ci attendono, quindi, per salvaguardare quei diritti che sono stati con tanti sacrifici ottenuti dai nostri padri, mentre alle nostre latitudini la disoccupazione avanza così come la desertificazione del territorio e ci impone di creare le condizioni di un ritorno a casa dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze, costretti ad andare fuori per realizzare le loro aspirazioni.
E allora Buon Primo Maggio oggi più che mai di lotta e di resistenza, come sempre dalla stessa parte.