In tutta Italia un Dpcm ha previsto oltre 80mila ingressi. Secondo l'associazione, fondamentale è l’apporto degli stagionali stranieri per le produzioni locali
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«Il click day di oggi per gli ingressi di 82.550 lavoratori extracomunitari è andato in overbooking. Le richieste hanno di gran lunga superato le disponibilità a conferma della mancanza di manodopera che interessa diversi settori dell’economia». È quanto comunica Coldiretti Calabria che ha avuto tutte le sedi in piena attività e ha visto gli operatori lavorare con intensità per fare fronte alle richieste delle imprese agricole.
La quota ingressi è prevista dal nuovo Dpcm triennale del 27 settembre 2023 di programmazione transitoria dei flussi 2023-2025. «Il click-day – sottolinea la Coldiretti - che fa seguito a quello per colf e badanti del 4 dicembre scorso riguarda esclusivamente i lavori stagionali nei settori agricolo e turistico-alberghiero con la riserva di 40.000 unità per i nulla osta presentati dalle associazioni datoriali firmatarie del protocollo del 3 agosto 2022».
Anche se ancora non esiste una suddivisione a livello territoriale, in Calabria Coldiretti ha presentato oltre 400 domande. «L'incidenza sul totale dei residenti in regione (1.860.601 persone) è pari allo 5,0%, inferiore al dato medio nazionale (8,73%). La popolazione straniera residente in Calabria è a lieve prevalenza femminile (50,18%), ad eccezione della provincia di Crotone dove la componente maschile rappresenta il 58,82%. Nella provincia di Cosenza vivono 31.483 cittadini stranieri, il 33,9% degli stranieri residenti in Calabria. Seguono la città metropolitana di Reggio Calabria (28.733 pari al 30,9%), la provincia di Catanzaro (16.941 pari al 18,2%), la provincia di Crotone (9.162 pari al 9,9%) e la provincia di Vibo Valentia (6.677 pari al 7,2%). La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 27,81% (25.865) di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita da quella proveniente dal Marocco (15.313 pari al 16,47%) e da quella proveniente dall’Ucraina (5.720 pari al 6,15%). Ma ci sono anche diverse altre nazionalità».
«Il contributo dei flussi migratori al Made in Italy sostiene molti “distretti agricoli” dove i lavoratori stranieri sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale e trovano impiego – sottolinea la Coldiretti – come raccoglitori per le verdure, la frutta e la vendemmia ma anche come trattoristi, serricoltori, potatori».
«Non vanno dimenticati poi – continua Coldiretti – i nuovi sbocchi occupazionali offerti dalla multifunzionalità che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade o la produzione di energie rinnovabili».
«L’agricoltura, fa i conti con i ritmi stagionali e non può essere soggetta a lacci e lacciuoli che ne minano produzione e competitività e sempre di più contribuisce ad integrare i lavoratori nel tessuto economico e sociale. Quasi 1/3 del Made in Italy a tavola a livello nazionale - ricorda Coldiretti - viene prodotto nei campi e nelle stalle da migranti che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura. Si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli».