In svolgimento fino a domenica la seconda edizione della kermesse. Al Forte Batteria Siacci un’articolata riflessione sulla responsabilità di pianificare e sul fallimento del modello unico e globalizzato in favore di molteplici visioni di luoghi, città e territori
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L’abitare e il prendersi cura, approcci sorretti da generosità e responsabilità condivise da istituzioni, professionisti e comunità, al centro dei talk e dei confronti che stanno animando la sessione inaugurale della Biennale dello Stretto in svolgimento fino a domenica.
Riflettori ancora accesi sulle tre linee d’acqua e sulle città del futuro, in occasione delle seconda edizione della Mostra internazionale di Architettura, Paesaggio, Scrittura, Video, Fotografia, con la direzione di Mariangela Cama, Alfonso Femia, e Francesca Moraci, nella cornice suggestiva di Forte Batteria Siacci a Campo Calabro, nel Reggino.
«Su 404 comuni calabresi solo 60 hanno un piano strutturale comunale regolarmente approvato. C’è dunque un problema», ha sottolineato Mariangela Cama, direttrice della Biennale dello Stretto.
«Questo dato ci deve fare riflettere visto che la Calabria si è dotata di una legge regionale molto interessante e con spunti innovativi. Non è, pertanto, pensabile che gli strumenti urbanistici abbiano dei percorsi così lunghi tali da non essere poi più in grado di rispondere alle esigenze che erano state poste all’inizio. La responsabilità va condivisa anche dal cittadino». Così Francesca Moraci, direttrice della Biennale dello Stretto.
La kermesse, alla quale sono oggi intervenuti con il sindaco di Campo Calabro, Sandro Repaci, anche l’eurodeputata Giusi Princi e il senatore Nicola Irto, è stata anche occasione per porre diverse esperienze a confronto.
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