Viaggio tra i lavoratori dell'azienda di trasporto pubblico di Cosenza, il cui futuro si è tinto di nero dopo la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro che ha sancito la morte della società: «Più ci penso e più sto male». E c'è chi spera nell'incontro a Palazzo dei Bruzi
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A via Torrevecchia non c'arrivi per caso. Il parcheggio riservato agli ospiti è occupato per metà da auto che nessuno reclama più. Un silenzio strano e rispettoso ti dà il benvenuto. Vuota la guardiola. Sopra a una parete, vecchie circolari fanno compagnia alla scritta di vernice rossa che compone la parola "basta".
Venire qui forse non è stata una buona idea. In giro non c'è anima viva e la sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro - che ha respinto il reclamo contro il fallimento dell'Amaco - sembra ancora volteggiare nell'aria, in attesa di sfracellarsi per terra.
La vertenza | Amaco, la Corte d’appello conferma il fallimento dell’azienda di trasporto pubblico di Cosenza: futuro nero per 132 dipendenti
Gennaro Iazzolino ha una stella tatuata sull'avanbraccio, che è troppo piccola per indicargli la strada. Dopo una nottata trascorsa a girarsi e rigirarsi nel letto, non è stato facile iniziare il turno di lavoro alle quattro del mattino.
Compare all'improvviso. Lo osservi mentre si avvicina da lontano e pensi che, se sei fortunata, magari si ferma e accetta di scambiare con te qualche parola. «Più ci penso più sto male». Non si giudica una persona dalla stazza: Gennaro rallenta il passo, risponde alle domande e si commuove. N'è passato di tempo da quando i lavoratori Amaco, forse indottrinati dai sindacati, sceglievano la via del silenzio e andavano oltre. Adesso non c'è più niente da perdere. Nessuna trattativa da salvare.
Sessantuno anni, metà dei quali trascorsi alle dipendenze dell'azienda del trasporto pubblico locale di Cosenza. Il mutuo della casa bloccato fino a giugno. Poi altri sei mesi fino a dicembre: la banca ha capito la difficoltà e non s'è messa di traverso. Lunedì sarà in piazza dei Bruzi, a sperare in una soluzione che gli consenta di arrivare fino alla pensione: «La colpa di tutto questo non può essere soltanto dei contratti integrativi che abbiamo chiesto e poi ottenuto».
Gennaro lo sa che Amaco non avrebbe potuto sopravvivere soltanto con gli incassi dei parcometri rimasti di sua competenza. La società Saba ha "cannibalizzato" le strisce blu, insieme con i parcheggi di piazza Mancini, via dei Mille e via Felice Migliori. Resistere con il solo parcheggio di via Aldo Moro sarebbe stata un'avventura da titani. E che tristezza fa quell'unico carroattrezzi rimasto in città che, se va bene, esce dal deposito e si porta via a malapena un'auto al giorno. Per ogni intervento, serve un vigile urbano che stia lì a comminare la multa: ma i vigili urbani, quelli, dove li vai a trovare?
Operatore qualificato. Vincenzo Conforti ha 54 anni e, dopo un passato da operaio, del nuovo ruolo aveva imparato a essere fiero. Amaco per lui significava futuro. Invece stamattina si è svegliato senza sapere se domani avrà ancora un posto di lavoro: «Mia moglie non lavora. Ho due figli di 22 e 17 anni. Vivo con la paura che il postino mi consegni la lettera di licenziamento. Alla mia età, chi mi prende più a lavorare?»
Vincenzo si lascia fotografare, e alle sue spalle si intravede la colonnina del gasolio dove un tempo gli autobus Amaco facevano rifornimento prima di uscire. Poi, il fornitore non è stato più pagato, il servizio è stato esternalizzato e, durante il Covid, Amaco ha pagato sei euro un litro di gasolio, che vuol dire ottocento euro per il pieno di ogni singolo autobus. All'incontro convocato dal sindaco Caruso, Vincenzo forse non ci andrà: «Ormai sono stanco delle solite chiacchiere».
Sembrano le sfumature dell'arcobaleno, ma sono soltanto i cartelli che indicano i percorsi. Se ne stanno poggiati a terra. Ogni autista, a inizio turno, ne prende uno e lo posiziona sul cruscotto del pullman. Qualcuno è messo meglio, qualcun altro cade a pezzi.
Franco preferisce tacere sul cognome. Ha iniziato il turno alle sei del mattino ed è rimasto con le mani in mano perché l'autobus destinato alla tratta Andreotta Cosenza era in riparazione: «Cosenza è l'unica città d'Italia dove le persone viaggiano gratis, perché sugli autobus mancano le obliteratrici. Sono stanco di questa situazione ma, se andassi in pensione adesso, mi darebbero una miseria».
Luca Russo è ancora giovane. In testa, il pensiero fisso del mutuo e dei bambini lasciati a casa. Sembra andare di fretta, afferra da terra il cartello azzurro "circolare veloce", lo sistema al solito posto, mette in moto e se ne va. Chissà quante cose non dette, quanti timori, quanta rabbia nascosta. E quel futuro immaginato nei particolari, che adesso minaccia di venire giù come un castello di sabbia sotto onde tempestose.
Tommaso si fa largo nell'ampio spiazzale. Quando, nel 2020, Amaco ha deciso di esternalizzare il servizio, l'azienda "Top Drive" l'ha mandato qui da Catanzaro a svolgere il lavoro di capofficina. «Il mio titolare mi controlla ogni dieci minuti per telefono. Questo autobus (e ne indica uno col motore acceso) è pronto a partire da un pezzo, ma nessuno viene a chiedere conto del perché non sia ancora uscito. Se il pubblico non funziona, forse un motivo c'è». Poi si allontana e cerca di riportare in vita un vecchio pullman a gasolio che l'Atam di Reggio Calabria ha messo a disposizione dell'Amaco: «È stato immatricolato nel lontano 2002. Andrebbe bene soltanto come mezzo sostitutivo, invece finora è stato utilizzato per le corse giornaliere».
Al secondo piano del palazzone famoso per la sua facciata gialla, il direttore di Amaco Francesco La Valle sfoglia le diciotto pagine della sentenza della Corte di Appello senza troppa meraviglia: «Purtroppo sapevo che sarebbe finita in questo modo».
Preferisce non scendere nei dettagli, ma una cosa la dice: «Alla luce del fallimento, per i prossimi cinque anni, il Comune di Cosenza non potrà creare una nuova società che si occupi del trasporto pubblico in città». Disdetti tutti gli impegni, il direttore La Valle lunedì prossimo sarà presente alla riunione d'urgenza convocata dal sindaco Franz Caruso. «I lavoratori devono sapere che sono al loro fianco. Lo scriva, per favore». Il giudice delegato ha autorizzato la prosecuzione d'impresa fino al prossimo mese di settembre. Il resto si vedrà.